giovedì 22 dicembre 2011

Mission: Impossible - Ghost Protocol

  • Mercoledì 21 dicembre 2011
  • Anteprima alla Casa del Cinema a Villa Borghese
  • Avvistato Marco Muller (impossibile mettere la dieresi sulla "u".... non rompete le palle!)

Raggiungere la Casa del Cinema a Villa Borghese è stata una piccola Mission Impossible ma così come Ethan Hunt ce l'ho fatta e in questo 21 dicembre a soli 4 giorni di scadenza natalizia mi sono gustata il quarto episodio della serie.
Premesso che sono una fan della serie storica, che ho chinato la testa col capo cosparso di cenere da quando Tom Cruise interpretò Nato il 4 luglio...  Mission: Impossible - Ghost Protocol è strepitoso! Ripeto: STREPITOSO!
Due ore e passa di spettacolo e azione che si resta a bocca aperta e col fiato sospeso in particolare nella scena all'esterno del grattacielo di Dubai.

Convincente il cast con la new entry Simon Pegg che, con quel tocco di comicità innata, sdrammatizza i momenti più drammatici senza però cadere nello stereotipo della macchietta.
Paula Patton è bella ma molto fredda io avrei fatto un'altra scelta ma purtroppo non mi consultano mai per il casting.  Piuttosto anonimo Jeremy Renner anche se funzionale. Bellissima sorpresa il cameo di Josh Holloway direttamente da Lost, anche se purtroppo lo schiattano subito.
La storia ha un bell'intreccio e riserva un piccolo colpo di scena finale che non dispiacerà!
La novità rispetto ai film precedenti è che Tom Cruise lo sderenano di sganassoni e, anche se dimostra una gran capacità di recupero, più di una volta è pieno di lividi.
Invidiabile la sua capacità di passarsi le mani tra i capelli spettinati e risultare come appena uscito da un parrucchiere per signora.
Decisamente comunque il format di Mission Impossible si configura sempre di più come una valida alternativa a James Bond e senza sfigurare nemmeno un po'.
Forse l'unica cosa che mi ha soddisfatto poco è stato il ritirare in ballo problematiche da guerra fredda, ma mi rendo conto che in questo caso il cinema deve restare principalemnte svago e non sarebbe stato produttivo portare sullo schermo un nemico troppo attuale e reale.
Detto questo Ghost Protocol è un film talmente fico che sicuramente me lo vado a rivedere appena esce al cinema e pure con gran gusto, lo consiglio a tutti senza se e senza ma!
Ci si diverte, ci si distrae, ci si soprende e viene pure voglia di iscriversi ad un corso di arti marziali.




martedì 20 dicembre 2011

The artist


  • Cinema King di Via Fogliano, qualche giorno addietro. Completamente a scatola chiusa, temendo una cazzata micidiale.

Divertente e appassionante questo anacronistico bianco e nero per di più muto. C'erano tuti i presupposti perché fosse presuntuoso e pretestuoso imvece lo spettacolo è assicurato e coinvolgente.
Spunti a secchiate mirablmente assemblati e tenuti insieme da una coppia non coppia come i due protagonisti Jean Dujardin e Bérénice Bejo.

E poi c'è il fantastico Uggie un cagnetto di cui è praticamente impossibile non innamorarsi.
Personaggi perfetti con comprimari d'eccezione come Donald Moffat nella parte del fedele maggiordomo e John Goodman produttore sempre in cerca dell'incasso.
A volerci perdere tempo sarebbe da trovare ogni riferimento, ogni aggancio alla storia del cinema e a quella di celebre star del passato ma grazie al cielo The artist si guarda con piacere senza la subdola necessità dello sterile giochino delle citazioni che ormai sembra essere l'unica fonte di eccitazione per cinefili repressi.
Splendida la musica simil Vertigo che accompagna le vicende e sottolinea le relazioni tra i personaggi molto meglio di tante parole.
Insomma un film da vedere, sicuramente la sorpresa dell'anno.
E tranquilli... Se non dovesse piacervi potete sempre ripiegare su Natale a Cortina, quello sicuramente non vi deluderà.


Abbinamento scicchissimo e imperdibile con Spazio Manassei. Definirlo un negozio è riduttivo. Io ancora ricordo che rimasi a bocca aperta quando lo scoprii a Orvieto. Ora anche a Roma per chi vuole trovare qualcosa di veramente unico e speciale....


domenica 18 dicembre 2011

Sherlock Holmes: A Game of Shadow

  • Cinema Embassy di Via Stoppani, domenica18 dicembre
  •    Sia messo a verbale che io volevo andare a vedere Miracolo a Le havre

Raramente mi è capitato di annoiarmi tanto al cinema.
Il secondo episodio di Sherlock Homes mi ha fatto talmente schifo che sono uscita un quarto d'ora prima della fine. Una vera liberazione, dopo quasi due ore di rottura di coglioni in cui non un sorriso, non un guizzo, non un'idea a giustificare la permanenza in sala o semplicemente di avergli dedicato attenzione .
Ho aspettato buona buona in macchina che uscissero gli altri, faceva anche un po' freddo a stare lì ferma... ma vogliamo mettere la meravigliosa sensazione di libertà e di essersi riappropriata del proprio tempo buttato fino a pochi minuti prima con quella merda di film?
Che poi divento pure cattiva perché l'unica cosa che mi è venuta da pensare è che, potendo usufruire di una macchina del tempo, sarei tornata a metà dell'Ottocento per eliminare entrambi i genitori di Arthur Conan Doyle, in modo di evitare del tutto la possibilità che un giono potesse scrivere i celebri romanzi che hanno ispirato questo orrore.
Detto ciò sala piena quasi traboccante, pubblico equamente diviso tra pischelli in libera uscita, famigliole con bimbi al seguito e pensionati.
Del film c'è poco da dire. Interpreti incolori e inespressivi, storia farraginosa e noiosa all'inverosimile.
Ulteriore  elemento negativo la presenza di Naomi Rapace nella parte della figa di turno... che insomma figa proprio non è.



L'avevo già segnalato ma è necessario il  rilancio dello Sherlock Homes prodotto della BBC. Dimenticate la puttanata dell'ex marito di Madonna e puntate tutto su questa nuova versione.

domenica 4 dicembre 2011

1921: Mistero a Rockford


  • Domenica 4 dicembre 2011
  • Ancora una volta cinema Lux. Pubblico parlottante e indisciplinato. Pop-corn a go-go proprio dietro di noi. Fastidioso.

Appena ho visto il logo della BBC  sullo schermo ho saputo che sarebbe stato un buon film e non mi sbagliavo. Una bella storia, ben diretta e interpretata, sullo sfondo di un Inghilterra che fa i conti con sé stessa dopo la prima guerra mondiale. Personaggi ben delineati che e restituiscono tutte le loro inquietudini creando una forte empatia con lo spettatore. L'aspetto soprannaturale della storia è indissolubilmente legato alla crescita personale dei protagonisti e non si esaurisce con gli innumerevoli colpi di scena. Non c'è solo il soprannaturale nel mistero di Rockford ma anche l'insinuosa malinconia dell'essere umano alle prese con un passato che si ripercuote con paura e angoscia sul presente. Una bella sopresa per un film poco pubblicizzato ma che merita la visione anche solo per godersi l'emozione dei brividi che, volenti o nolenti, saliranno lungo la schiena, facendosi beffe degli spettatori più navigati.
Apprezzabilissima infine la totale assenza di effetti splatter, non se ne può più della deriva orrorifera ma più che altro orrenda degli ultimi 10 anni.
Di più non dico per non rovinare la visione...
No comment sul banalisimo titolo italiano.
E, sempre e comunque, God bless BBC!

Questa è proprio una sciccheria: il caffè alla nocciola in viale Adriatico, 35. Cioé qui fanno un caffè alla nocciola da inchino con lo svolazzo, niente  a che vedere con le schifezze che rifilano un po' ovunque, stiamo parlando di un vero e proprio dessert capace di cambiarti in meglio la giornata.
Si può solo provare perché la descrizionne serve a poco. Il retrogusto inenso è qualcosa di eccezionale.



venerdì 2 dicembre 2011

Real steel

Visto esattamente una settimana fa nel rinnovato Lux di Via Massaciuccoli.
Dico... bè dai ci si può tornare, l'hanno restaurato.
Invece entriamo nella sala 8 e c'è un tanfo di serraglio da rimanere stecchiti.
Un caldo infernale nonostante l'incipiente dicembre. Faccio dietrofront e mi rivolgo al tizio all'entrata.
E il secondo giorno che lavoro qui... non so cosa dirle.
Faccio chiamare un responsabile.
Ah...la sala 8... bè si capisco ma il problema è che lo spettacolo precedente era pieno.
Ne devo dedurre che a sala piena ci si possa dimenticare il ricambio d'aria.
Ma che cazzo di cinema.

Real steel. Bel film. Bello lui, bella lei, bello il bambino e pure simpatico il robot.
Buoni sentimenti, qualche spavalderia di troppo ma lo spettacolo è decisamente avvincente e tiene con il fiato sospeso. Finisce come deve finire. Insomma ad avercene di film così!


E ora le considerazioni extra cinematografiche che sono quelle che mi divertono di più.
Il bambino ha una certa somiglianza con un altro bambino, quello di Guerre stellari, Episodio 1, che tra l'altro nel frattempo è cresciuto e ha perso ogni traccia di carineria:
Hugh Jackman è bono come er pane, un fico da paura, sebbene sia troppo pompato e abbia le spalle all'ingiù come Schwarzenegger.
Evangeline Lily è spaziale, una delle poche attrici bellissime anche senza trucco, anzi forse meglio...
i due tizi seduti accanto a me ogni volta che appariva sullo schermo grugnivano e sbavavano.

Tanto per cambiare un abbinamento mangereccio, questa volta si tratta della conosciutissima pasticceria di Nonna Carla, in viale Eritre, 89 tel. 0686206226.
Se volete provare veri dolci con ingredienti di ottima qualità andate sul sicuro. Non perdetevi il tortino al cioccolato e le tante crostate tutte diverse. E non andate via senza aver provato lo splendido caffè!


sabato 26 novembre 2011

Il gatto con gli stivali

  • Mercoledì 23 novembre 2011 Cinema Barberini
  • Grande anteprima per "Il gatto con gli stivali" con forze di sicurezza che nemmeno la N.A.T.O.




Ho adorato il gatto con gli stivali fin dal primo incontro, nel secondo episodio di Shreck, irretita come chiunque altro dai suoi occhioni rotondi ma sullo spin-off ero davvero un po' scettica, un po' per l'invasione continua di cartoon sempre molto furbetti ma tutti molto simili tra loro, un po' perché negli ultimi tempi le sceneggiature di secondi, terzi e quarti episodi sono cosa nulla.
Non è il caso del gatto degli stivali, "amante picante", che mi ha conquistato fin dalla prima scena. Mimica veramente espressiva con espressioni del volto che rendono accattivante ogni sguardo anche se poi è l'animo del gatto ad essere irresistibile.
Un latin-lover un po' gradasso con alle spalle un'infanzia di abbandono e alle prese con un necessario riscatto personale.
Comprimari di livello ma tutti in ombra rispetto alla verve di questo gatto ironico e istrionico.
Divertenti e appassionanti gli inseguimenti, deliziosi i flash-back infantili, azzecatissimi i momenti che contrappongono la spavalderia gattesca con i suoi stessi limiti.

Interessante il 3D che spazia in panoramiche aeree di grande respiro anche se purtroppo come al solito tutto resta dentro lo schermo senza effetti eclatanti. Ma la regia è buona e le scene prendono vita da angolature ardite con un grande senso dello spazio capace di supplire alla poca luminosità.
Ognuno troverà il pane per i suoi denti, i bambini per l'aspetto fantastico e avventuroso, gli adulti per la sagacia dei dialoghi e per la simpatia dei personaggi. Uno spettacolo piacevolissimo che si è lasciato guardare per tutto la durata col sorriso fisso e grande entusiasmo del pubblico in sala, sarà il film di Natale.
Insomma questo gatto è fantastico e ve lo dice una che i gatti gli stanno sulle palle, vorrà pure dire qualcosa!



Oggi vi segnalo l'apertura di Emporio in via Ugo Ojetti 490. Cucina, griglia, pizza & sfizi ce n'è per tutti i gusti. Io già sono grata per il solo fatto che le patate fritte siano vere e non surgelate e poi per un sacco di altre cosine stuzzicanti dallo tzatzichi alla salvia fritta, la pasta fatta in casa, gli gnocchi il giovedì (allora forse dio esiste..). Insomma da tornarci più volte per provare tutto, compresi i dolci! ;-)
Emporio, Via Ugo Ojetti, 490 tel 06821585 chiuso il lunedì, aperto solo la sera.

domenica 20 novembre 2011

Tower Heist - Colpo ad alto livello

Un manipolo di attori che negli ultimi tempi hanno faticato a trovare un copione decente riunito sotto l'egida di una sceneggiatura divertente e avvincente.
Il redidivo Eddie Murphy, l'imbolsito marito di Sarah Jessica Parker, lo scialbo Casey Affleck (un mistero la sua presenza sugli schermi) e un Ben Stiller reduce dall'incursione nel maliconico mondo di Greenberg formano il cast principale di Tower heist, coadiuvati da una Tèa Leoni un po' sguaiata e da un Alan Alda un po' spento.
Tutti insieme danno vita ad un meccanismo scandito da battute fulminanti e da una regia capace di donare alla commedia più classica un tocco di azione che rende a tratti la visione particolarmente avvincente. Si ride volentieri e si fa il tifo per i "buoni".

Finalmente Ben Stiller, riuscendo a contenere quel gigionismo che, nelle ultime (stanche) prove, gli aveva un po' preso la mano, è alle prese con un personaggio a lui congeniale
Tower heist ha il suo punto di forza nei dialoghi brillanti e nella caratterizzazione dei personaggi, animati dalla necessità di un riscatto personale.
Uno di quei film che non ti fanno pentire di aver messo piede al cinema e che ti fanno passare un paio d'ore di sano intrattenimento adatto a tutta la famiglia.
Perderà sicuramente nel doppiaggio italiano che per motivi imperscrutabili deve far sempre ridere Eddy Murphy come un cretino anche quando non lo fa...

Abbinamento con un'interessante nuova apertura pasticceria, biscottificio, pizzeria e ristorante. Praticamente un sogno questo "Dolce" aperto da appena un mese in via Tripolitania, 4 tel. 0686215696. Ambiente invitante e accogliente che ti fa sognare di essere a Parigi. Cucina a vista, si può schiacciare il naso sulla vetrina mentre il personale prepara splendide torte e magnifici macarons.
Da perdercisi...





domenica 6 novembre 2011

Un cuento chino


Premiato al Festival di Roma come miglior film Un cuento chino me lo sono visto soprattutto per la presenza di Ricardo Darin, un uomo e un attore con quello sguardo un po' così, che senza essere George Clooney ne ha un fascino non dissimile.
Bellissimo personaggio quello di Roberto,  misantropo e misogino, in cerca di una leva che possa scalfire la sua corazza e al contempo impegnato a proteggere la sua roccaforte emotiva e affettiva.
Sarà l'incontro col "chino" a creare uno spiraglio. Equilibrio armonioso di scrittura e interpretazione il film argentino è un picccolo trattato sulla solitudine e sulle possibilità che ci offre la vita.
Perfetto il cast dei comprimari con un'unica presenza femminile, la paziente e carnosa Muriel Santa Ana.
Potrebbe perdere nel doppiaggio la freschezza dei dialoghi e della straordinaria recitazione di Darin, capace anche solo con lo sguardo di esprimere tutta una gamma di emozioni.
Si sorride, si partecipa, si fa il tifo affinché tutto vada nella maniera giusta, non senza un briciolo di malinconia. Premio meritato, film perfetto per le sale d'essai tipo Mignon, Quattro Fontane e Greenwich... difficile rimanere delusi!

A seguire quando sarò ispirata le recensioni di altri due film visti al Festival di Roma... Babycall e La femme du cinquième! :-)

domenica 2 ottobre 2011

La pelle che abito

  • Cinema King, la settimana scorsa


Un Almodovar che cerca di cambiare pelle che abita, quella baroccheggiante e visivamente eccessiva del passato in favore di una messa in scena che, concentrandosi su pochi personaggi, diventa occhio implacabile sulle loro anime. Eppure io ancora ricordo Il discreto fascino del peccato visto in una sala d'essai con mia madre, con quegli altarini traboccanti, gli eccessi di un barocchismo personale che invadevano ogni inquadratura... come mi piacevano Pedro e la sua sfrontata poetica di una libertà personale e sessuale in anni in cui ancora  si guardava a tutto ciò con sospetto.
Fantastico nel suo costruirsi un entourage di attori, attrici e caratteristi capaci di muoversi all'unisono in un circo raffinatissimo e al contempo sguaiato e provocatorio. Artista ispirato da muse che col passar degli anni cambiavano, fine ritrattista di donne tormentate e tormentarici, sempre con quell'ironia sberleffa e il gusto del grottesco. Quanti pallidi imitatori hanno cercato di approfittare di quell'immaginario a prima vista così semplice da replicare, eppure di Almodovar ne resta uno.
Nella pelle che abito lo ritrovo come un vecchio amico che non vedo da anni, il tempo che passa gli ha insegnato qualcosa, forse una certa moderazione nell'esprimersi, a ricercare tra le pieghe dell'ispirazione più profonda, quella di una follia inconfessata. La voglia di confrontarsi con il tema dell'identità, dell'essenza, di cosa siamo veramente, di cosa mostriamo fuori e di cosa c'è dentro. Non necessariamente decide di dare una risposta lasciando forse ad un epilogo un po' carente di significanza la parte più debole del film. Però è innegabile il fascino della storia, del disvelarsi dei personaggi, su tutti la bella e intensa Enena Anaya, un'Irene Jacob giovane e convincente Vera/Vicente che, forgiata dalla costola di Adamo, rinnega il suo creatore e si libera dalla sua prigionia.
Visivamente ineccepibile La pelle che abito lascia spazio ad alcune sbavature della storia, la Paredes che sembra essere solo un riempitivo, così come la divagazione dell'uomo tigre...
Vabbè io Pedro me lo tengo così, a tutt'oggi dagli esordi di Pepi, Luci, Bom y los otras chicas del montòn, seppur con qualche alto e basso non ha mai sbagliato un colpo.
Ho come l'impresione che questo film sia una fase preparatoria per il prossimo... stiamo a vedere....



domenica 18 settembre 2011

Carnage


  • Domenica 18 settembre 2011, Cinema King di Via Fogliano. Pubblico indisciplinato che entra anche a film iniiato, parlando come se niente fosse.
  • Ieri tentativo fallito, biglietti esauriti. Si ripiegò sulla pizza.

Un testo teatrale che farebbe due palle a teatro figuriamoci al cinema.
In sala tutti a dire: bravissimi... veramente bravissimi!
E io che pensavo ma bravissimi de che?
Sì, certo, Jodie Foster si fa gonfiare le vene sulle tempie ma lo sfoggio di eccessi non è necessariamente sinonimo di bravura. E comunque la bravura di un attore nulla aggiunge ad un testo che si snoda tra qualunquismi e luoghi comuni senza entrare minimamente nel dettaglio.
Sarà che per me alla base c'è sempre la storia, mi chiedo dove sta la credibilità di 87 minuti in cui due coppie si insultano prima subdolamente e poi sfacciatamente, pur rimanendo nei binari di una civiltà che palesamente è degenerata. Falsità, ipocrisia, superficialità... sarà forse per questo che Carnage è piaciuto così tanto? Perché lo spettatore si identifica con i suoi protagonisti?
Sarà forse che in tanti pensano mal comune mezzo gaudio?
In sala tante risate come se si stesse assistendo all'ultimo film dei Vanzina in un multisala di un centro commerciale. La tentazione di chiedere "ma che vi ridete?" l'ho repressa così come l'intuizione a pochi minuti dall'inizio di alzarmi e andarmene perché sarebbe stata quasi un'ora e mezza buttata.
Locandina orribile.
Insomma non mi è piaciuto nemmeno un po'. Probabilmente meglio i puffi.

Abbianmento difficilissimo per questa grande delusione delle stagione. Direi di recuperare dei vecchi film "teatrali", da Arsenico e vecchi merletti a Mancia competente....


sabato 17 settembre 2011

Il debito


  • Mercoledì 14 settembre, Anteprima Universal

Il debito rimette in pace con un cinema sempre più povero di idee, che celebra il nulla.
Si fanno i conti con la Shoah ma quasi ai giorni nostri, lungo un arco di tempo che non lascia scampo alla forza di una verità negata. Agenti segreti alle prese con una missione che li metterà di fronte al loro aspetto più umano. Giustiza universale contrapposta a necessità personale, un amore negato, colpe dei padri che ricadono sui figli… Un mosaico in cui, sebbene si incastrino tutti i pezzi, resta lo spazio per chiedersi cosa sia veramente giusto o sbagliato.
Un bel cast, raddoppiato nella versione giovani/adulti, particolarmente centrato.
Emozioni forti, colpi di scena, suspance e la capacità di far porre delle domande.
Di questi tempi cosa rara. Oserei quasi dire da non perdere, sicuramente, comunque, un gran bel film.




lunedì 12 settembre 2011

L'ultimo terrestre

  • Ieri sera a Porta di Roma
Arrivano gli alieni ma si parla di Edipo.
Il protagonista segnato da un'infanzia di abbandono sfoga tutta la sua malinconia nel profondo disagio con l'altro sesso.
L'ultimo terrestre sceglie la via di una messa in scena lucida ma non patinata, personaggi lombrosiani, ambiente che non si sa dove ma con emozioni/situazioni da provincia nordica.
La storia in realtà, pur non concedendo più di tanto all'elemento alieno tanto pubblicizzato, ha un suo perché in quel senso di attesa e straniamento che sembrano essere il riflesso di una società malata, sempre alla ricerca di un fattore esterno per cambiare rotta.
Ma le persone non cambiano, o almeno non tutte, nemmeno se toccate dalla semplcità di un incontro con un essere di un altro pianeta. Si resta quello che si è, quello che si è deciso tempo addietro, prendendo un impegno col proprio destino. Poca gioventù, perché ormai ridendo e scherzando questi "giovani", figli di una generazione di sessantottini irrisolti cominciano ad essere attempati oltre che incapaci di prendere le redini della loro vita.
Cosa sarà mai un delitto, cosa sarà mai la mercificazione e la mistificazione o lo sfruttamento se si vive in maniera precaria ma soprattutto se si sceglie la solitudine dei propri dolori e rancori rispetto allo scambio di una relazione sincera.
I terrestri sembrano aver perso la facoltà di scegliere ma soprattutto di capire di cosa hanno bisogno per essere felici...
Un buon cinema italiano che fa pensare e sperare.
Io comunque gli alieni li aspetto con grande curiosità... spero arrivino al più presto!

Abbinamento doveroso per chi ancora non la conoscesse con Tonda, pizzeria in Via di Valle Corteno 31 a Montesacro/Nomentano. tel. 0681080960. Qui non ci sono dubbi... Si mangia bene come dal fratello maggiore Sforno. Ma prenotate che ormai la voce si è sparsa....
 

domenica 11 settembre 2011

Puzzle di filmacci...

Se ne salvasse uno...
Troppe cose viste e poca voglia di scrivere soprattutto perché la maggior parte fanno schifo...

Le regole della truffa
Una cagata in piena regola. Brutto oltre ogni misura e gusto. Boris Sollazzo di film Tv gli da un bel pollice verde. Da licenziamanto in tronco!

Bad teacher
Anche qui niente da segnalare se non che gli anni passano anche per Cameron Diaz, qui sguaiata e inguainata fuori tempo massimo. Evitare!

Crazystupidlove
Che tristezza, non si salva nulla di questo film, un pastrocchione slegato e noioso. Emma Stone quando ride sembra una rana, non capisco come Jim Carrey si possa essere rincretinito per lei.

Student service
Ragazza che si prostituisce per pagare l'affitto ma io insisto ancora che volendo si può fare la donna delle pulizie se proprio si ha bisogno di soldi. Si ha comunque a che fare con le zozzerie altrui ma non sei costretta ad introdurle dentro di te.



lunedì 29 agosto 2011

Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato

  • Questa sera 29 agosto 2011, Cinema Admiral di Piazza Verbano.
  • Spettacolo delle 8,30.
  • In sala siamo in quattro...
 


Assalita da un'apatia da blog e con una lista di recensioni da fare che non finiscono più tra cui i deliziosi pinguini di Mr. Popper mi trovo invece a scrivere del film visto stasera. Perché io alla fine sono buona e voglio preservare i miei lettori dallo sperpero immotivato anche solo di euri sette virgola cinquanta, che potrei elencare dieci cose in cui investire meglio di questo film, se così lo vogliamo chiamare.
Dispiace per la sempre carina Francesca Inaudi,  spettinata a cazzo (decisamente una tipa da capello corto) e malvestita da incarcerare la costumista. Dispiace per Silvestrin che è come er vino bono, più inveccchia e più migliora. Ma più ancora dispiace per me stessa... un obrobrio simile scavalca improvvisamente tutta una serie di cagate pazzesche di provenienza italiana viste negli ultimi anni.
Il solito gruppetto di amiche, imprescindibile da Sex and the city in poi, alle prese con la ricerca dell'amore... abbiamo una zoccola, una frustrata e una tendezialmente frigida, praticamente Samantha, Miranda e Charlotte.
Il primo appunto è ad una fotografia di una sciattezza così specifica da non poterla nemmeno poterla paragonare ai porno amatoriali che potrebbe girare il portiere del palazzo di fronte. Montaggio come la pettinatura della Inaudi, dialoghi da prendere lo sceneggiatore per un orecchio e dargli una raffica di legnate sui denti.
Ci si chiede chi possa credere in un tale progetto, chi possa leggere il copione e dire "sìììììììì!!!!!!!!!". Dovrebbero dare l'embargo al cinema italiano per colpa di film come questo.
Non ci viene risparmiato nulla, la telecamera che gira intorno al tavolo, le zummate con la messa a fuoco approssimativa, le voci che si sovrappongono per dare il senso della naturalezza del dialogo, i marchi della Fiat in primo piano così come quelli degli sponsor tra cui il centro di equitazione Asper. Cioè si sono attaccati a tutto... pure al centro di equitazione.... 'na tristezza.
Storia prevedibile e didascalica che non manca di mostrare aspetti "educativi" quali una donna incinta di due gemelli che si fa le canne, due stordite sempre da canne alla guida della macchina...
Insomma una trasgressione da due lire ma comunque triste e immotivata.
Senza senso la divisione in capitoli riguardanti i cavalli, parecchi controsensi come se nessuno si fosse preso la briga di rileggere la sceneggiatura. La Inaudi all'inizio dichiara di odiare il calcio e poi si scopre che è una tifosa di Baggio. Ma questo è niente... forse per capire veramente il basso livello della pellicola bisognerebbe vederla ma direi che potete lasciar perdere e fidarvi di me!
Messaggio per mio fratello: sì... si vedono le tette della Inaudi.

Amiche? Ricerca dell'amore? Mah... recuperiamo Gli uomini preferiscono le bionde, cazzo foss'anche solo per trovare ispirazione...

domenica 14 agosto 2011

Festiva di Locarno 2011: Low life / Sette opere di misericordia / The policeman

  • Locarno 8 agosto 2011, Festival.. tra il Fevi e l'ex Rialto, il tempo ci da tregua...
Low life


Se sulla carta Low life poteva avere qualche chance di sembrare interessante a qualche minuto dall'l'inizio si rivela nella sua più totale pretenziosità. Film realizzato da ben due registi (con poca capacità comunicativa tra di loro oltre che con il pubblico) che  si sono dati manforte nell'indugiare inutilmente in una storia a dir poco sconclusionata.
Moralmente Low life vince l'Ernia di marmo, celebre premio metaforico assegnato da pubblico che si ritrova affetto da questa patologia dopo la visione.
Si bazzicano ambienti giovanili, pseudo universitari il cui unico impegno politico si esprime occupando appartamenti. Ovviamente ciò si evince dal catalogo ufficilae del festival in cui il film è presentato con la didascalia "L'amore ai tempi dello squat". Per quel che mi riguarda potevano anche pagare affitti da 1000 euro.
L'incipit è da crisi isterica... i giovani disadattati si esprimono in versi. Mi tramuto in un'attrice del cinema muto, mi metto le mani tra i capelli, la bocca distorta in una smorfia, gli occhi allucinati... Un urlo interiore mi dilania... nooooooo..... in versi non ce la posso fare!!!!
Ma la mattina, vista l'esperienza del panino stantio del giorno prima, ho saccheggiato una COOP locarnense e ho lo zaino pieno di prelibatezze: dolcetti al limone bio, fagottini di pera e cioccolato, crostata Linzertorte, cracker al sesamo e pure una pesca, che però non ce la siamo mai mangiata e credo che sia tornata coraggiosamente con noi a Roma.
Sfogo la mia disperazione sul cibo e in effetti il prelibato dolcetto al limone mi calma la crescente voglia di insultare, ogni volta che lo incrocio, Olivier Père, il suadente patron del festival.
Dicevo... studenti e appartamenti occupati, poi un poeta afghano.
E qui potrei chiudere il discorso... un poeta afghano... Un poeta afghano e clandestino. Si riesce ad immaginare qualcosa di più intrinsecamente palloso?
La bella del gruppo si innamora senza un vero perché e il suo capelluto lacché si rosica l'anima.
Quest'amore non porta da nessuna parte e si intreccia con le vicende di un gruppo di clandestini di colore che fanno fatture a danno dei poliziotti che cercano di rimpatriarli. Parole, parole, parole.... ciondolamenti, discorsi troncati a metà o forse ancora prima di iniziare, movimenti di camera che avrei potuto fare un set di presine bicolori all'uncinetto per le pentole. Il film sembra non finire mai, l'effetto dolcetto al limone comincia a svanire e rinasce la voglia di  prendere i protagonista a schiaffi i  a due a due fino a che non diventano dispari.
Alla fine, incomprensibilmente, applausi.
Scopriremmo poi che si applaude a tutto anche se si proiettasse il filmino delle vacanze a Milano Marittima della celebre casalinga di Voghera.



The Policeman

Film israeliano e come tale interpretato da israeliani. Questo è un dato importante perché gli israeliani sono tra gli uomini più fighi che esistano. Cioè, zitti zitti, questi sono passati dal rappresentare il cliché dell'ebreo col naso adunco, un po' curvo, magro e occhialuto a dei pezzi di uomini che, anche senza volerlo, fanno venire la bava alla bocca. Il policeman non fa eccezione e sebbene indossi la divisa, come si evince dal titolo, sta giustamente a torso nudo, mostrando generosamente i pettorali scolpiti.
Gradasso, un po' superficialotto, donnaiolo e interessato solo a sé stesso nonostante la paternità incipiente il poliziotto passa le sue giornate tra lavoro e amici. Amici tutti belli come lui, con cui c'è un cameratismo fisico che da un momento all'altro ci si aspetta che tutto si trasformi in un gay movie di qualità. Invece no... quest'omosessualità latente se la tengono dentro tutti quanti, poi, alla fine del primo tempo, manco fosse "Dal tramonto all'alba" si cambia completamente registro e si passa al ritratto un gruppo di giovanissimi terroristi che non sono arabi ma israeliani anch'essi.
Insomma... un po' come è successo in Norvegia... la serpe in seno.
Capeggiati da una ragazza capace di tenerli tutti per le palle, il gruppo di giovani arriverà a mettere in atto il piano messo punto, dopo mesi di addestramento e indottrinamento. Finiranno malissimo proprio per mano del poliziotto e dei suoi colleghi.
Se tutto il film è ben diretto con una bella suspance e anche solo raccontando una storia con un certo savoir faire quello che delude è il finale che lascia senza una vera e propria presa di coscienza, concludendosi alla chetichella senza che i protagonisti chiudano il cerchio delle loro esperienze ed ipotetiche evoluzioni.
Indubbiamente comunque buono il film e boni gli israeliani.


Sette opere di misericordia

I fratelli de Serio hanno scomodato niente di meno che uno dei miei miti personali: Roberto Herlitzka, un attore che ha la capacità di rendere capolvaoro qualunque cosa si lustri della sua presenza.
Purtroppo queste sette opere di misericordia, tra i tanti difetti, hanno anche quello di aver sprecato la presenza di questo straordinario attore e già solo questo sarebbe imperdonabile.
Il presupposto extracomunitario che quest'anno sembra essere il polo attorno al quale ruotano le urgenze di cineasti di ogni luogo e genere, si concentra sull'incontro tra periferia torinese e Romania.
Tra soprusi e abusi dovrebbe esserci una parabola di redenzione che prende forma tra sguardi impercettibili e momenti critici. Nulla da rimproverare al cast, la bella e brava Olimpia Melinte, lo straordinario Herlitzka, come il debutto del ragazzino romeno. Francamente non comprensibili i due camei di Ignazio Oliva e Stefano Cassetti, ridotti a comparse.
Sette opere di misericordia oltre ad aggiudicarsi il premio ex-aequo con low life per l'ernia di marmo è uno di quei casi inspiegabili paradigmatici nel nostro paese di come il cinema si perda in una deriva intellettualoide totalmente precostituita sulla carta ed elaborata esclusivamente nella sua forma tecnico/estetica. Un gran lavoro di macchina da presa volutamente (eccessivamente) lenta in cui lo stilema non fa altro che ripetersi stancamente. La ricerca di una simmetria posticcia non giova poi ad una sceneggiatura ridotta a poche frasi e ad una serie di grugniti.
Fuori tempo massimo l'ennesima suddivisione tramite scritte a tutto schermo che indicano  una ad una le opere di misericordia (alcune delle quali totalemnte stravolte, ma vabbè...).
Un film freddo in cui tutto è guardato attraverso un vetro e non comunica alcun vissuto.
E' stata dura arrivare alla fine e ho meditato realmente di abbandonare il cinema.
L'incontro con i registi dopo il film non ha cambiato la sensazione. Due ragazzi giovani che hanno proclamato di non aver fatto un film religioso ma poi non hanno fatto che citare le sacre scritture, che hanno sottolineato la loro intenzione di ricreare un coté pittorico, citando Caravaggio.
Io ho fatto la mia opera di misericordia mentre ero lì. Mi sono stata zitta e ho evitato di fare domande che inevitabilmente avrebbero portato a chiedere loro cosa li aveva spinti al cinema di finzione (pare che abbiano un passato di doumentaristi) e soprattutto grazie a chi erano arrivati ad avere questa opera prima presentata a Locarno...

Buone le brioche, i dolcetti e anche i panini. Perfetto per una sosta per un pranzo leggero, ottimo per la colazione e la merenda! Nel link trovate descrizione e indirizzi!

sabato 13 agosto 2011

Festival di Locarno 2011: L'arte di amare / Red State

  •  Locarno 7 agosto 2011,  Festival

Primo giorno a Locarno, gli eventi naturali si scatenano. Mai vista così tanta acqua, con così tanta violenza.
Acquisto una mantella con cappuccio per soli 8 franchi, una manna dal cielo.
La Piazza Grande ci è preclusa ma riusciamo a guadagnare il Fevi, mega struttura alternativa alla piazza dove in sequenza ci vediamo L'arte di amare di Emmanuel Mouret e Red State di Kevin Smith.

L'arte di amare, leggerissimo film francese, quasi impercettibile nel suo dipanarsi per momenti paralleli, personaggi magri e vestiti bene, tutti assennati e contenuti anche quando parecchio stralunati. Un film sbrodolato che non riesce a coinvolgere più di tanto ma si lascia vedere come tanti film francesi ricalcati su questo genere, l'eterno conflitto uomo/donna alla ricerca se non dell'amore almeno di un buon sesso.
Il regista che è anche attore si ritaglia un piccolo ruolo.
Voce fuori campo a filosofeggiare, commenti a margine e morale senza un vero perché. Nulla toglie e nulla aggiunge. Vabbè... la prima proiezione è andata, siamo nelle primissime file e la maggior parte del cast è salita sul palco a presentare il film.
Le attrici con poca cura nel vestire,  è evidente come nessuna si sia fatta prestare un Valentino vintage o abbia chiesto a Giorgio Armani di disegnarle al volo un abitino per l'occasione.
La fame è nera, sfido la pioggia per trovare qualcosa da mangiare.
Il bar offre degli orridi panini di pane stantio con un formaggio appena un po' più spesso di una sottiletta . 10 euri due panini, gli pijasse un colpo.
Il masticare pane del giorno prima ci fa giungere ancora viventi ma comunque già sullo zombie andante alla proiezione di Red State... cioè... voglio dire... stiamo parlando di kevin Smith, quello di Clerks.
Il film si apre con una patina anni Settanta che mi fa girare immediatamente i coglioni, pretese tarantinesche trasudano da tutti i pori. Che palle. Nel giro di pochi minuti la trama è in caduta verticale. Monologhi assurdamente lunghi che fanno meditare risoluzioni punitive.
Chissà magari Kevin Smith è tra il pubblico come prima Emmanuel Mouret... Si potrebbe andare a chiedergli il perché di questo scempio.
Ma io sono un'intuitiva e ci vedo tutta la sua mancanza di idee che si concretizza in un riciclo di "genere" per conquistare almeno quel pubblico malato di mente che così tanto apprezza squartamenti e pseudo horror, soprattutto se B-movie.
John Goodman sempre bravissimo, alto livello, ma la storia è un qualcosa di così già visto da essere quasi inguardabile. Un film parecchio brutto anche se a onor del vero sarà iniziato all'una del mattino, in lingua originale con sottotitoli in tedesco. Cazzo ma si possono mettere i sottotitoli in tedesco?
Io il tedesco lo vieterei come lingua figuriamoci i sottotitoli....
Insomma sicuramente mi sarà sfuggito qualcosa ma in definitiva il film è di una noia mortale, privo di una qualsiasi ironia e con un finale degno del nulla che lo ha preceduto. Da dimenticare, da lamentarsi nella notte come se si fosse mangiato un intero pollo coi peperoni.
Per arrivare a casa 25 euro di taxi, limortacci.


sabato 6 agosto 2011

Capitan America

  • Una decina di giorni fa a Porta di Roma

Chissà perché gli uomini di tutte le età e gusti sessuali non possono rinunciare all'ultimo film sul supereroe del momento. E' un'attrazione imprescindibile che non conosce mode ed eccoci quindi in un multisala della periferia romana in coda per Capitan America.
Per un attimo penso al colpo di stato... vai a prendere un caffè, che nel frattempo faccio i biglietti...
Se ci fosse stata un'alternativa si sarebbe anche potuto fare ma così, tra avanzi di stagione di quarta categoria e un Harry Potter di cui non ho nemmeno visto il capitolo precedente tanto vale sottoporsi a Capitan America.
Il film inizia e sento un po' di vociare in sala: "...incredibile il lavoro di grafica computerizzata che hanno fatto per cambiargli il fisico...".
Quindi mi guardo tutto il film pensando che il protagonista sia una specie di sfigatissimo mingherlino al quale aumentino i muscoli al computer.
Quando esce dal sarcofago, dopo il trattamento, penso: "Ehhh ma si vede che è tutto di plastica.... troppo liscio, troppo gonfio...".
Poi scopro che in realtà lui è proprio così e che la modifica gliela avevano fatta quando era una specie di stecco.

Comunque sia Capitan America ha una faccia da cretino, non si può guardare né da mingherlino né da culturista lucido e pompato.
Il film però non è malaccio, con quella patina retrò e una messa in scena non delle più banali.
Certo il mio database interiore continuanebte mi riportava a situazioni già viste e in un paio d'ore mi sono saltati in mente: Dove osano le aquile, Cliffhanger, Inception, Inglorious basterds, i telefilm di Mission Impossible, Satr Wars, X-men e chi ne più ne ha più ne metta che la maggior parte me li sono già scordati...
Perfetti i personaggi di contorno, il matrixiano Hugo Weaving, l'infallibile Stanley Tucci,  Dominic Cooper che buca lo schermo in ognni ruolo... e pure Hayley Atwell, la bellona di turno, col suo rossetto perfetto in ogni inquadratura, è piacevole.
Bella cura nei costumi e nelle scenografie, la storia è quella che è ma ha anche qualche momento ironico tutto sommato godibile!
La consueta scena post titoli ha rasentato il raccapricciante... c'erano proprio tutti, pure quel burino di Thor... Ah santa pazienza!

Segnalo, anche se può sembrare una bestemmia, la pizzeria a taglio del Centro Commerciale di Porta di Roma, Alice pizza point. Ne abbiamo mangiata una montagna gustandola e senza sentirci male!



venerdì 15 luglio 2011

Manuale d'amore 3


Qualche sera fa complice il caldo infernale abbiamo pensato di scegliere un film che non fosse tanto impegnativo, che non aggravasse insomma la situazione climatica. La scelta cade su Manuale d’amore 3. Ricordavo vagamente  il primo, una cazzatina ai limiti dell’accettabile ma tutto sommato non aveva generato la solita esigenza di infliggere pene corporali al regista, poi in questo caso il cast altisonante e pure internazionale mi hanno fatto deporre le armi prima ancora di impugnarle.
Il primo episodio con la meglio gioventù attoriale italiana lascia del tutto perplessi, inconsistente e approssimativo. Valeria Solarino è incapace anche di un minimo di disinvoltura, necessita di un corso di dizione e dovrebbe seguire l’esempio della Cucinotta che si dedica alla produzione. La Chiatti sempre bella ma con una bellezza da modella più che da attrice, recitazione non pervenuta. Scamarcio invece zitto zitto riesce ad essere piacevole, credibile e in parte.
Il secondo episodio se è possibile scade ancora di più. Un Carlo Verdone ombra di sé stesso che sembra uno zelig di tutti i suoi personaggi storici con in più quelle ossessioni che ormai sappiamo tutti essere parte dell’uomo prima ancora che del personaggio. La sceneggiatura è così sciatta da risultare fastidiosa.
Il terzo epsisodio raggiunge l’apoteosi… Dopo pochi minuti si prova un senso di vergogna per il regista, per quando si è assunto la responsabilità di portare quel copione a Robert De Niro, che però a quanto pare da bravo marchettaro non ha fatto una piega e ha accettato di buon grado di far parte del baraccone. Ad unire i tre “episodi” un improbabile e fastidioso cupido.
Veniamo al dunque.
Manuale d’amore 3 è uno dei punti più bassi raggiunti dal cinema mondiale, per quel che mi riguarda rappresenta tutto ciò che non va nel nostro paese, il lassismo, il menefreghismo, il lamentarsi del governo quando si alimentano gli stessi ideali.
Inaccettabile il vuoto in cui si muovono personaggi, oscena la “morale” che fa capolino da situazioni che al massimo potrebbero ispirare un’Osteria numero mille.
Allarmante il compiacimento e la faccia tosta del titolo… manuale d’amore.
Non vorrei sembrare una Nanna Moretta dicendo che le parole sono importanti ma cazzo MANUALE D’AMORE… dov’è il manuale e dov’è l’amore?
Poi ci lamentiamo di Berlusconi… quando certo cinema è il suo ritratto.
Tutti pronti a biasimare, giudicare e condannare ma a sbavare per uno stralcio di tetta della Bellucci.
Come ci andiamo volentieri al cinema e come ci sentiamo meglio per esserci svagati dopo una giornata di duro lavoro che di lì a poco svenderemo per aumentare di un paio di pollici lo schermo intorno al quale abbiamo arredato il salotto.
Che siamo in una situazione di merda lo sappiamo tutti e non ci serve anche un cinema che sia solo riflesso e oltretutto sostegno ad un edonismo vacuo e patetico.
Almeno Leni Riefenstahl era schierata apertamente qui invece abbiamo una celebrazione dello specchio dei tempi subdola e corrotta. Il nulla fatto passare per qualcosaltro, sponsorizzato da un cast altisonante e connivente che senza colpo ferire passa da perorare la foresta amazzonica o il telefono azzurro a fare da testimonial di un cinema vuoto e ridotto a format. Da vergognarsi.

Si recuperi Grand Hotel Grand Hotel il classico dei classici, un film corale diretto alla perfezione in cui ogni scena è un contraltare di un'altra. E stiamo parlando del 1932...

domenica 10 luglio 2011

Psychoville


Vista la mosceria cinematografica che c'è in giro ho deciso di dare una svolta al blog e di parlare anche di quelle serie televisive che negli ultimi anni hanno gettato un'ancora di salvezza a chiunque fosse appassionato di belle storie, sceneggiature con meccanismi perfetti e messa in scena che non prescinda da videoclip o pubblicità di automobili.
Inizio con una recente scoperta che mi ha letteralmente ammaliato: Psychoville.
Prodotta dalla mia adorata BBC che difficilmente sbaglia un colpo, sia quando si tratti di produrre grandi classici che quando si tratti di osare là dove nessuno ha mai osato prima, Psychoville è frutto delle menti decisamente perverse di due vecchie conoscenze della televisione britannica Reece Shearsmith e Steve Pemberton già fautori dell'altrettanto eversivo The league of gentlemen negli anni '90.
Giustamente incuranti dell'ipocrisia del politically correct questi due geni danno vita ad una serie di situazioni tra il grottesco, il surreale e l'inimitabile english humour.
Il plot denso di sorprese e stravolgimenti è gustosissimo ma la vera attrattiva sono i personaggi, delineati con maestria e messi a nudo nelle loro piccole e grandi assurdità.
Se amate Little Britain (io per inciso lo ADORO) che sicuramente deve tanto ai due autori di The League of gentlemen, non perdetevi  Psychoville. E se volete sapere qulcosa di più sui protagonisti fatevi un giro sui seguenti siti web creati appositamente per lo show:

Mr. Lomax

David Sowerbutts

Joy Aston


Debbie Hart

Hoity Toity


Mr. Jolly

Mr. Jelly



Io questi personaggi li amo un po' tutti ma le mie preferenze vanno a coloro interpretati da Shearsmith e Pemberton in particolare quando vestono abiti femminili.
Buona visione e... magari il cinema fosse come certa televisione!

Via Savoia,  52  Tel. 068416279  Chiuso la domenica pomeriggio

domenica 3 luglio 2011

Transformers 3 (e pure 3D.... 3D stocazzo as usual)


Questo terzo Transformer l'ho negoziato con cognizione di causa, come male minore.
Posta di fronte ad una Scelta di Sophie tra Venere Nera e l'immane cazzata di questa saga della ferraglia ho preferito quest'ultima senza indugio.
Bisogna capire... Venere Nera pare sia una legnata di piatto sui coglioni, almeno transformer è fantascienza e tutto sommato aveva un bel trailer che, quando l'ho visto la prima volta, ho sperato ardentemente che si trattasse di qualcosaltro.
Ennesima bufala di un 3D inesistente,  ma mea culpa se ancora mi ci fregano con questa storia....
Però è divertente vedere come come gestisce la cosa l'UCI Cinema di Via Enrico Fermi, accanto alla Città del Gusto...
Il biglietto costa 10 euri e gli occhialetti un'euro, quindi se te li conservi dalla ciofeca precedente risparmi un euro...
Sì ma il biglietto sempre 10 euro costa, prezzo che nelle altre sale include l'uso degli occhialini...
Ma veniamo al film... Inizio decente con commistione di filmati di repertorio e fiction, tentativo di impreziosire il cast con un sempre fico John Malcovich e col marito di Grey's Anatomy, che però troppi ce ne sono meglio di lui nel simpatico telefilm ospedaliero arrivato ormai alla settima stagione.
Megan Fox (che per me è una bufala tale e quale al 3D) l'hanno eliminata e uno dei transformerini dice pure che era "cattiva", la nuova ragazza è bionda e ha le labbra che ogni 10.000 chilometri deve controllare la pressione dell'azoto.
Lui è sempre Shia Le Boeuf, con la sua boccuccia a culo di gallina  è un mistero che gli affidino dei ruoli.
Prima parte anche divertente con personaggi eccessivi che fanno sorridere poi il dramma... un'ora secca di transformers che combattono con un rumore infernale, decisamente la realizzazione tecnica è ottima ma due palle così non te le leva nessuno. E poi quando sono tutti aggrovigliati vai a distinguere i buoni e i cattivi ...
Non credo di dover sottolineare la sceneggiatura piuttosto debole e a colabrodo e i dialoghi a base di pane e retorica, non ci viene risparmiato nemmeno il rallentatore degli "eroi" che avanzano sulla linea di guerra. La cosa più fastidiosa però resta che gli umani vengono centrifugati in lungo e in largo,  precipitando da grattacieli, sbucando da palazzi esplosi eccetera eccetera e hanno meno ammaccature dei transformer.
A tutto c'è un limite... e tutto sommato mi sa che comunque deve essere stato meglio della legnata venere nera, ho detto tutto!

Consiglio letterario... Si ripeschi la saga dei Robot di Isaac Asimov per una panoramica sulla questione macchina/essere umano eccetera eccetera. Una lettura perfetta anche sotto l'ombrellone!







venerdì 24 giugno 2011

The conspirator


  • Qualche giorno fa al cinema Roxy Parioli nell'omonimo quartiere in Via Luciani.
  • Tante belle case e ci fosse un ristorante decente...

Un film di barbe, ecco in due parole il sunto di the conspirator. Più che altro senza nerbo e poco interessante quest’ultima inutile regia di Robert Redford tutta virata al seppia tipo quelle foto che il fotografo del matrimonio, senza che gli sia stato richiesto, ti fotoscioppa a tradimento.
Pathos assente, passaggi un po’ a casaccio.. mah… oserei dire che si può evitare tranquillamente. Non perché faccia proprio schifo ma per la sua totale piattezza.
E la sottile metafora sugli Stati Uniti attuali? Ah bè…. Talmente sottile che praticamente è l’unica cosa di cui si possa parlare se si vuole dire qualcosa di questo film.
E poi che palle co ste metafore… cioè… se vuoi dire qualcosa dilla e lascia perdere le metafore che la gente è di coccio e nemmeno le capisce…

Abbinamento cinematografico... Volendo parlare di eventi realmente accaduti rispolvererei lo stupendo In nome del padre... è chiedere troppo ad un film? che almeno emozioni?

mercoledì 22 giugno 2011

The hunter

Maledetto sia il cinema americano, che ormai fa talmente schifo da costringere il cinefilo a rivolgersi altrove per una boccata di aria fresca. Poi però si incappa in questo the hunter che le voci di corridoio dicono sia tanto bello e che senza pensarci due volte ti ruba un paio d’ore di vita in cui si sarebbe potuto fare tutt’altro.
Fondamentalmente una rottura di coioni che perdura dall’inizio alla fine, senza che ci sia un solo momento che abbia senso. E se nella prima parte per continuare la visione si cerca di inventare un senso recondito, invece del tutto assente, nella seconda si perde totalmente la bussola e i fatti si susseguono senza che lo spettatore ne sia messo a conoscenza.
Si può intuire una vendetta, l’uomo ridotto a macchina di morte perché gli è stato tolto il bene più caro, una famiglia che rappresenta la redenzione. Sì, si può intuire…. Ma sarebbe bello che il cinema, anche quando proviene da zone disagiate, riuscisse a raccontare delle storie invece che presentare una galleria di personaggi monocorde.
E il finale è quanto di più brutto si sia mai visto, quindi qualcuno griderà al capolavoro.
Insomma state lontani da the Hunter a meno che non siate insoddisfatti del diametro dei vostri testicoli e non vogliate aumentarli in maniera esponenziale!
Di certo cinema non si sente proprio la mancanza.

Sto film mi ha fatto talmente schifo che per protesta manco faccio l'abbinamento. E manco ci metto la locandina.

domenica 19 giugno 2011

X-Men: L'Inizio

  • Domenica 19 giugno 2011, Cinema Europa di Corso d'Italia. Alla cassiera rodeva il chiccherone.

Un prequel che fa impallidire la consueta trilogia oltre che l'orrido spin-off di Wolverine.
Cast in stato di grazia, approfondimento psicologico degno di questo nome, costumi da urlo e una storia che si segue tutta di un fiato. Si esce dal cinema con soddisfazione e maledicendo qualsiasi altro film fatto prima su qualsivoglia supereoe... L'inizio degli X-men li sbaraglia tutti a mani basse.
Fassbender oltre ad essere sofferto e intenso è un fico della madonna, McAvoy, di cui sto seguendo le gesta dai tempi di Espiazione è un perfetto giovane Xavier. Camei d'eccezione quello di Hugh Jackman nei panni di un già burbero Wolverine e dell'immancabile Michael Ironside che tante gioie ha dato agli appassionati negli Ottanta/Novanta.
Tutto qui? Nient'altro da dire?
Macché.... stasera vado a dormire felice!
Finalmente, veramente, un bel film!

La serata si è conclusa con uno splendido gelato della Gelateria artigianale Gori, in Piazza Menenio Agrippa, 8 (a un passo da Piazza Sempione) tel. 068272092. Se volete provare uno dei migliori gelati a Roma nonché una pregevole granita di mandorle correte senza indugio!


sabato 18 giugno 2011

Sei giorni sulla terra

  • Venerdì 18 giugno 2011, Cinema The Space Parco dei Medici (prima si chiamava Warner Village ma ha cambiato nome chissà perché...)

Sei giorni sulla terra non è un film di fantascienza… sembrerebbe un’affermazione magrittiana di primo acchitto e invece è proprio il regista Varo Venturi che vuole togliere questa etichetta, capace di attrarre un folto pubblico di aficionados ma anche di stravolgere il senso di un progetto fortemente voluto per risvegliare le coscienze.
La conferenza stampa è gremita, a parlare è il Prof. Corrado Malanga studioso di interferenze aliene e le cui conclusioni sono sconcertanti.
Alla base della trama il succo di centinaia di sedute di ipnosi regressiva che svelano una realtà agghiacciante. L’umanità come esperimento genetico per ospitare una serie di entità aliene che alla stregua di parassiti ne sfruttano l’energia cercando di catturarne l’anima immortale.
Si dimentichi il tenero E.T., si può smettere di rivolgere l’occhio al cielo per cominciare a fare i conti con una realtà ben più amara… l’essere umano come “contenitore” all’interno del quale, la maggior parte del tempo inconsapevolmente, si agitano forze e volontà altre.
E quando queste forze si scatenano lo sa bene Linda Blair cosa succede… Se l’alieno che usurpa il nostro contenitore viene sfrugugliato a dovere manifesta tutta la sua intransigenza e arroganza. Dunque la (fanta)scienza incontra la religione e c’è da giurare che se in parecchi hanno il dubbio che esistano forme di vita extraterrestre sono molto meno quelli che metterebbero la mano sul fuoco sul fatto che il demonio non esista.
A livello filosofico si tratta di un’intuizione mica da poco, a livello cinematografico ne esce fuori un cross-over coi fiocchi, altro che licantropi e vampiri...
E vengo al film, preceduto da critiche scalcagnate è invece una bella sorpresa. Una produzione tutta italiana che con investimenti contenuti è riuscita a mettere su un’opera con un’identità stilistica notevole partendo da una regia niente affatto scontata, una fotografia impressionista che usa la luce come fosse un elemento di scena vero e proprio. Effetti speciali pochi ma dignitosi e sufficientemente evocativi per una storia che tiene col fiato sospeso, a tratti disturbante. Non privo di una certa ironia e con la capacità di fotografare mondi solitamente nascosti ai più, Sei giorni sulla terra si lascia vedere senza lasciare indifferenti.
Interpreti giusti, dal regista che si ritaglia la parte del prete gesuita depositario di verità nascoste passando per l’interprete principale che è una versione un po’ più fashion di Malanga, fino alla giovane Laura Glavan che si destreggia abilmente tra la parte umana e quella aliena con un’immedesimazione che difficilmente non si imprimerà nella memoria dello spettatore.

Per un approfondimento, ça va sans dire, in libreria, Alieni o demoni di Corrado Malanga...

lunedì 13 giugno 2011

Bronson


Che essere strano è l'uomo... la seconda cosa che gli piace di più dopo l'idea di guardare due donne che fanno sesso e vedere un film dove altri uomini si massacrano di botte. Raggiungeranno quindi non la vetta ma vertici altissimi di piacere con questo Bronson di Nicolas Winding Refn.
Un film simmetrico dove ogni immagine è costruita (troppo) sulla sua centralità spesso definita dall'attore se non quasi unico direi principale. Un bel pelatone coi baffi con tanti muscoli così come a centinaia ne sono sfilati domenica all'Europride, un Ben Turpin cattivo e a briglia sciolta il cui unico interesse è massacrare e farsi massacrare, possibilmente nudo, meglio ancora se unto di un grasso scuro.
Psicologia assente... quant'è comodo scodellare questi ritratti in cui  il punto di vista è esclusivamente estetico e in superficie.. Io però francamente sono proprio annoiata dai ritratti della follia che bisogna accettare pedissequamente. Posso anche comprendere il fascino dell'l'outsider che nel vivere rinchiuso trova la sua libertà nelle regole della carne e del sangue su colui che tutti i giorni timbra il cartellino della propria disperazione... Però dio santo, che so, fate un po' attività fisica e se proprio non vi riesce quella più piacevole iscrivetevi in palestra (dove tra l'altro troverete una concentrazione di Bronson superiore all'Europride ma senza baffi)...
Insomma Winding Refn fotografa la violenza, la "abbellisce" con la consueta estetica della macchina da presa, la condisce con una colonna sonora sulla quale non si può dire nulla di male e ci restituisce un vuoto colmo di aberrazione. Ci fa sorbettare questo Bronson machissimo (anche se nei suoi 34 anni di carcere si può esser certi che gli hanno fatto delle belle feste) di cui non sappiamo nulla.
L'ho trovato noioso e noioso e alla fine due mazzate sui denti gliele avrei date volentieri anche io.

Ma che ci abbino con questo film? Vabbè.. per stemperare l'inutilità della violenza di Bronson vi suggerisco una visita al Roseto Comunale di Roma, in questo periodo ancora in massimo periodo di fioritura, aperto ancora per pochi giorni fino 19 giugno dalle 08.00 alle 19.30 (compresi sabato e festivi). L'ingresso è gratuito, per informazioni e prenotazioni visite guidate telefonare al numero
065746810 - fax 0657135413