martedì 23 febbraio 2010

Il missionario

È un vero mistero l’arrivo sui nostri schermi di questo missionario… In Francia non è stato un tale successo da giustificarne l’esportazione in Italia dove si sa il gusto del divertirsi al cinema è qualcosa di completamente diverso da quello francese. Si fosse trattato di un film di Frencis Veber, splendido autore de La capra o di Due fuggitivi e mezzo oltre che de La cena dei cretini sarebbe stato un altro discorso.. e infatti a Veber si perdonano anche le due ultime cazzatine: Una top model nel mio letto e Sta' zitto... non rompere. Da notare che in questi due ultimi film ha sostituito i suoi attori feticcio, Pierre Richard e Gerard Depardieu, anche se credo che nemmeno loro avrebbero potuto salvare delle storie senza smalto come quelle.

Ma torno al missionario che veramente non aveva nessun motivo di varcare i confini d’oltralpe ma noi italiani siamo così… ci beviamo senza troppe domande qualsiasi bicchiere ci porgano.

Storia già vista e sentita in tutte le salse, personaggi macchiettistici, assenza totale di dialoghi brillanti. Tutto è affidato alla maschera impassibile di Jean-Marie Bigard, conosciutissimo in Francia e sconosciutissimo da noi, una specie di Jean Reno molto molto più rozzo.

Comunque io gli affibbio un bel mediocre e ne sconsiglio la visione, poi fate un po’ voi... ma usatela bene la vostra libertà di scelta…



Abbinamento cinematografico... consiglierei di recuperare dei vecchi film con Pierre Richard, ad iniziare da Alto, biondo e con sei matti intorno passando per Professione giocattolo... Ecco un cinema francese che conviene recuperare...


lunedì 22 febbraio 2010

Che fine hanno fatto i Morgan?


Meglio non saperlo... credetemi...
Ennesima commediola americana che vede Sarah Jessica Parker e Hugh Grant all'apice della loro decadenza. Passati da un pezzo i thirtysomething vi si aggrappano con tutte le loro forze tra iniezioni di botulino e impianti di silicone sparsi. Lei, sembra di vederla, almeno 6 ore al giorno in palestra per mantenersi scheletrica ma con delle mani che tradiscono miseramente gli anni. Lui imbolsito, non rinuncia alle mossettine e ai broncetti che l'hanno reso un divo. Il risultato è posticcio e tristo. Non basta usare una piastra per allisciare i capelli per cancellare il fantasma di Sex and the city, Sarah Jessica è sempre uguale a Carrie Bradshow... decisamente poco convincente con il cappello da cow-boy.
La storia, una sorta di Killshot in chiave leggera, si trascina stancamente senza una sola battuta capace di suscitare il sorriso... di americani alle prese con la provincia remota a mungere vacche ne abbiamo visti a bizzeffe e al momento resta insuperato Billy Cristal con City Slickers.
I Morgan non ispirano nessuna simpatia e quando lei si lamenta che non può ordinare cibo cinese ci sarebbe da prenderla a calci in quel sedere così ben palestrato.
Doppiaggio che "regala" a Hugh Grant un biascicamento come se stesse masticando dell'ovatta. Sam Elliot invece la parlata da rincoglionito ce l'ha di suo.
Sconsiglio vivamente la visione del film.
Che fine hanno fatto i Morgan?
masticazzi...

Abbinamento ad uno qualsiasi dei film interpretati da Doris Day e Rock Hudson... NOn mandarmi fiori, Amore ritorna, Il letto racconta... ma per la miseria.. possibile che non se ne debbano più fare commedie del genere?

martedì 16 febbraio 2010

Amabili resti

  • Domenica 14 febbraio 2010, era pure San Valentino.... Cinema UCI di Viale Enrico Fermi, accanto al Gambero Rosso Palace...
  • Mesi e mesi di attesa per una fregatura che difficilmente si potrà dimenticare

Per parlare degli amabili resti mi tocca dire francamente quello che penso del signore degli Anelli… pur sapendo che ciò non gioverà alla mia popolarità… ma non avendo mai aspirato ad essere la testimonial delle cucine Scavolini, male che vada mi ritroverò solo il commento in più di qualche invasato che nell’armadio conserva un costume da Frodo comprato su e-bay…

Dicevo… secondo me Peter Jackson da quando si è cimentato nella sopravvalutatissima trilogia, oltre ad essersi po’ rincojonito, è rimasto impantanato in una visione di cinema monolitico e privo di qualsiasi ironia

La sceneggiatura si perde in aspirazioni poetiche retoriche, cercando di ricreare una dimensione epica là dove dovrebbe esserci un thriller soprannaturale, costruito prima di tutto su una tragedia familiare.

Ogni concetto è eccessivamente declamato… i proclami di amore filiale e genitoriale, la messa in scena del dolore e perfino le parole scelte per il primo bacio sono irritanti almeno quanto quelle dei gai valletti di Frodo, sempre pronti a prodigarsi in dichiarazioni di amicizia virile.

Tutto pretende di vibrare come se fossimo costantemente in presenza di luce e di verità ma il risultato è posticcio, ricercato, privo di empatia. La fotografia sembra impantanata in un contesto da “Apparizione della Madonna in una radura coperta di rugiada, in un mattino di primavera”.

Perfino le scene del “mondo altro” sono fredde e non hanno nessun potere evocativo. Il regista è stato ben attento a porre qua e là i richiami e rimandi necessari… la palla di vetro con il pinguino, i velieri nella bottiglia e la palla colorata… è tutto molto didascalico e asettico, totalmente privo di mistero. E a far da contraltare a queste immagini così definite, la vicenda annaspa tra troppe incongruenze… La permanenza in questo simil paradiso infatti non sembra essere collegata alle vicende che si susseguono su questo mondo.

Veniamo poi alle incongruenze macroscopiche…

Come fa l’assassino a costruire l’antro nel campo di grano con solo le mani nude?

Dove occulta i presumibili 4 o 5 metri cubi di terra che scava?

Come fa a ricoprire tutto senza che nessuno se ne accorga?

Come fa a caricare da solo la pesantissima cassaforte dalla cantina in macchina se poi, dopo, appare evidente che ha bisogno di aiuto per trasportarla?

Perché improvvisamente tutte le vittime dell’assassino sono pronte a passare oltre sebbene lui non sia stato scoperto?

E perché si è tenuto il cadavere in cantina?

Perché tutti i personaggi “crescono”, tranne il fratellino piccolo? Perché dubito che, come ha detto qualcuno tra il pubblico, sia affetto da nanismo…

E in fine, last but not least, come hanno fatto a ringiovanire Bruno Martelli di Saranno famosi per fargli interpretare il ruolo del Moro? Devono aver usato il digitale… altro che Avatar!

Aggiunta dell'ultimora... anche un'altra somiglianza appena scoperta col Moro... con l'immenso Lucio Battisti...
Ammazza sto Moro a quanta gente assomiglia...

Concludo (su richiesta) con le reazioni dell’intera sala di fronte al finale…

La protagonista ci ricorda che l’hanno uccisa a quattordici anni ma a noi manda auguri di lunga vita e propsperità… si leva un mormorio seguito da interventi scontati, partendo da “diamoci ‘na bella grattata…”, arrivando al più creativo “tocca veni’ al cinema co’ un gatto nero…”, passando attraverso l’immancabile (perdonate… siamo romani e ci piace tanto…) “limortaccisua…!”.

Insomma Amabili resti è un film fondamentalmente toppato, eccessivamente manierato, con una serie di virtuosismi d’autore che escludono lo spettatore risolvendosi in un esclusivo rapporto erotico tra Peter Jackson, la macchina da presa e sicuramente pure quell'altro menagramo di Frodo…


Abbinamneto ad un luogo abbastanza più magico del paradiso posticcio degli amabili resti... Il giardino dei Mostri a Bomarzo in provincia di Viterbo. Orsù... fatevi un bel giro fuori Roma e recatevi a visitare questo luogo incantato e nel frattempo visitate il sito...

giovedì 11 febbraio 2010

Il riccio


Dell’eleganza del riccio ne avevano detto bene in troppi e per un paio di natali è stato una strenna al pari dell’ultimo libro di Bruno Vespa, ciò è bastato per farmelo evitare. “Nooo ma guarda che è veramente bello… devi leggerloooo assolutamenteeee!”
Non dico che non lo leggerò mai…feci la stessa cosa con il Profumo di Patrick Suskind… letto dopo anni dal suo successo e dal quale è stato tratto un film inguardabile.
Comunque il ricciofilm alla fine me lo sono vista ma dopo mezz’ora mi aveva già fatto due scatole come solo certo cinema francese riesce a fare.
Inconcludente, oserei dire irritante… ma resisto… dovrà puresuccedere qualcosa, non potrà essere tutto così… un flusso di parole, di discorsi sovrapposti, di mobilio elegante…
Palomà è una specie di ragazzina prodigio che progetta il suo suicidio, nel suo palazzo arriva un giapponese che si chiama Kakuro, sto Kazuro fa il piacione con la portiera dello stabile, che ha l’aspetto di maga magò, solo che stokazzuro cià l’occhio fino e da un paio di battute capisce che è colta e raffinata… Le regala abiti scicchissimi, la porta al ristorante, insomma la corteggia ad alto livello.
Ma che la sfiga è in agguato… la portiera finisce sotto una macchina e non potrà vivere l’amore con stocazzuro. Questo il succo del riccio, se poi ci vogliamo aggiungere discorsi di nessun senso, accenni alla psicanalisi, personaggi di contorno da pigliarli a schiaffi a due a due fino a che non diventano dispari ecco che si configura questo film freddo, privo di anima, di nessuna partecipazione. Forse il libro dovrò leggerlo ma il film me lo potevo risparmiare alla grande… del resto da una regista che si chiama Mona.... ma che mi dovevo aspettare...


Ma che t'abbino al riccio? Che ti posso far vedere che ti consoli dopo questa inutile visione? Ebbene inauguro la sezione "abbinamenti eventi" e do notizia che sabato 13 febbraio 2010 a piazza Navone alle ore 14 v'è uno spettacolo di danza giapponese Izanai che piacerebbe a stocazzuro. Se siete da quelle parti vale la pena fare un salto ed è pure gratis! Per maggiori informazioni www.italiagiappone.it

mercoledì 10 febbraio 2010

Il concerto

  • Martedì 9 febbraio 2010, Cinema King di Via Fogliano
  • Dopo una serie di sale a corridoio mi godo finalmente uno schermo degno di questo nome in una confortevole sala ad anfiteatro!
  • Ricordarsi di prediligere il King per le prossime visioni!
Il concerto poteva essere una gran fregatura, il rischio c’era… i registi romeni in genere fanno film che esportano tristezza e grigiore e io francamente ormai li guardo con terrore, evito finanche di incrociare lo sguardo con una locandina. Comincio però a sentire qua e là che è carino, che ci si commuove e ci si diverte. Mah.. sarà vero? Sarà il caso di rompere il giuramento che mi impone di evitare i film romeni? Decido che essendoci Parigi e la Russia di mezzo posso fare un’eccezione e la mia mente ritorna ad Insalata russa, un film settato sulle stesse coordinate geografiche che all’epoca mi piacque molto.

Il film è divertente con la sua galleria di personaggi appena un tono sotto ai limiti del grottesco, vizi e virtù dei russi sono fotografati tra l’arroganza delle nuove generazioni, sottomesse ad un lusso sfrenato e cafone, e l’arte di arrangiarsi di quelle vecchie che sopravvivono attraverso una serie di espedienti al pari di un Totò oltre cortina. Un gruppo di disperati in cerca di un riscatto umano e politico… caciaroni, indisciplinati, beoni con altre mille priorità al posto della musica riescono a compiere il miracolo dell’armonia e della bellezza recuperando la loro cultura e la loro grandezza attraverso le note di Cajkovskij. Repressi, umiliati e offesi sono sopravvissuti conservando dentro di loro il codice genetico di un’armonia universale che per il tempo del concerto li rende parte del tutto.

Attori sconosciuti se si eccettua Melanie Laurent di nuovo alle prese con un personaggio scampato alla persecuzione ebrea, con la differenza che in Bastardi senza Gloria eravamo in pieno nazismo mentre nel concerto la persecuzione ha luogo a metà degli anni ’70. E sicuramente questo dovrebbe far riflettere sulla capacità dell’essere umano di continuare a perpetrare gli stessi orrendi crimini mettendosi a posto la coscienza con manifestazioni e slogan del tipo “per non dimenticare”.. quando poi il problema è l’incapacità di vedere.

Il regista trascina lo spettatore in una fascinazione musicale attraverso un finale per musica e immagini che non ha bisogno di parole. Le note non si possono vedere o toccare ma si sentono generando tutta una serie di emozioni incontenibili. Ed è grande cinema quello che ti fa dimenticare che è tutto finto, che Andreï Semoinovitch Filipov è solo un attore, un personaggio e non un direttore d’orchestra ossessionato dalla perfezione.

Il concerto centra tutti gli obiettivi, non tralascia nessun particolare, non ha una sbavatura, riesce con grazia a parlare di cose terribili mantenendosi sul filo della grazie e dell’ironia, denunciando senza la pesantezza della denuncia e restituendo all’arte della musica il suo immenso potere catartico e liberatorio. Cosa aggiungere… da non perdere una volta tanto, da gustare, da ascoltare, da gioire e da farsi uscire qualche lacrima per la meraviglia del concerto…

Mi concedo finalmente l'abbinamento mangereccio con il Pizzarium, tempio della pizza al taglio (immagine riduttiva) romana per opera di Gabriele Bonci, amico, chef e genio dei fermenti... la sua ricerca della perfezione è portata avanti con la stessa passione del protagonista del film e con risultati altrettanto lusinghieri. Quando un impasto diventa arte ci si commuove come ascoltando la musica... Pizzarium, Via della meloria, 34 tel 0639745416

domenica 7 febbraio 2010

An education


In un’Inghilterra dove ancora devono fare la loro apparizione i Beatles la vita è grigia e noiosa…

Sedicenne inglese incontra l’uomo perfetto, abbandona la scuola, rinuncia alla laurea per “sistemarsi”, con la connivenza dei genitori che vogliono vederla sistemata…
Lui ha il volto un po’ viscido di Peter Sarsgaard e fin dalla prima apparizione sullo schermo ti dici che qualcosa non quadra… Quella faccia un po’ gommosa, l’occhio liquido, il sorriso da pervertito… E infatti si scopre che vive di espedienti con la capacità di farsi passare per una simpatica canaglia. La giovane ragazza, vittima della sindrome di Pretty Woman, si rifà il guardaroba, cambia pettinatura e inizia a portare i tacchi e di concedersi le gioie del sesso per la prima volta. Lui curiosamente le propone di utilizzare una banana e lei giustamente resta interdetta.
Cambio di scena: l’hanno fatto (pare senza l’ausilio della banana) e lei un po’ annoiata dice: “Certo…. Se ci pensi tutta la poesia, tutta la letteratura per una cosa che dura meno di niente”...
“Eh già…” risponde lui…
Capiamo così che Sarsgaard è tutto fumo e niente arrosto, solo che l’ingenua ragazzetta è convinta che sia la norma.
Insomma…lui è una specie di ladro e a letto è una frana…Io direi che già solo uno solo dei due aspetti sarebbe sufficiente per uscire con la scusa di andare a comprare le sigarette e non tornare mai più.
A niente valgono le parole della sua insegnante e della preside, una Emma Thompson che ormai sembra relegata esclusivamente a ruoli cameo, entrambe incapaci di motivare la giovane sgallettata a trovare la propria strada.
Nel frattempo i due vanno a Parigi, lui le regala l’anello, si decide per il matrimonio… lei è talmente sicura di quello che fa che quasi quasi ti convinci anche tu che un week-end nella ville lumière val bene una laurea in lettere ad Oxford. I genitori borghesi sono al settimo cielo, le compagne tutte eccitate, la prof zitella rosica, lei butta i libri di latino nel cesso e, colpo di scena, scopre che lui è sposato e ha pure un figlio. Mortacci che fregatura! Che stronzo!
Sul film… indubbiamente si lascia vedere con curiosità anche a causa dei cambiamenti di registro ma il finale è veramente deboluccio e liquida tutto come un incidente di percorso nella più arida tradizione borghese.
Le mie considerazioni:
Se dovete farvi un mazzo per laurearvi fatelo per qualcosa di più utile di una laurea in lettere, altrimenti quando vi chiederanno cosa vi ha spinto a scegliere questa facoltà sarete costretti per tutta la vita a rispondere: “per cultura personale…”.
Ma soprattutto... Se il vostro partner a letto è una frana, non ci pensate nemmeno un secondo... cambiatelo!

Abbinamento cinematografico con un grande classico del passato L'ereditiera (1949) diretto da William Wyler con Olivia De Havilland e Montgomery Clift. Tratto da un romanzo di Henry James descrive il personaggio femminile assegnandogli una dignità ed una grinta sconosciuta alla sedicenne inglese...

venerdì 5 febbraio 2010

Divagatia Magna - Come finisce il film il dubbio?


Miei cari lettori!
Oggi inauguro la rubrica "Divagatia Magna" in cui approfondisco alcune tematiche sul cinema e il blog ed è la prima di alcune novità che si faranno strada nel 2010.

La divagatia magna, come tale, potrà trattare temi svariati come nella tradizione più consolidata del narcisismo da blog... ovvero persone che scrivono, convinte di aver qualcosa di interessante da dire e che alla fine cominciano ad annoiare mortalmente i lettori con gli affaracci propri...
Oggi comunque mi sento chiamata in causa a chiarire come finisce il film Il dubbio e vi spiego il perché.
Sapete che ci sono delle applicazioni che consentono di monitorare gli accessi al blog e di vedere cosa sta cercando il/la malcapitato/a che è capitato sulla pagina... ebbene sono mesi, vi giuro mesi che c'è qualcuno che, pressocché quotidianamente, sonda la rete per avere una risposta a questa domanda "come finisce il film il dubbio".
Cazzo... non riesco a crederci... mi rivolgo proprio a te... utente che vuoi sapere da mesi come finisce il dubbio... ma te lo sei visto il film? Non stiamo parlando di Inland Empire...
Però visto che da mesi capiti sul mio blog incerca di questa risposta ho deciso di premiarti e di spiegarti come finisce il dubbio.
Ascolta bene...
Meryl Streep, che fa la suora antipatica, sospetta che Philip Seymour Hoffman sia un po' pedofilo... Tanto fa... che quello se ne deve andare per evitare di finire nei casini.
Lei, oramai vittoriosa, ha un dubbio ( e lo dice anche nel didascalicissimo finale: ho un dubbioooooooo!!!!!).
Insomma tutto il suo intergralismo inflessibile, la sua rigidità, la sua convinzione di agire per il meglio, basata effettivamente solo su un sospetto, si sgretola di fronte al dubbio.
Dubbio che rappresenta il dilemma e, contemporaneamente, il fondamento della fede stessa....
Almeno questa è la mia interpretazione...

Caro utente che ti interroghi su come finisce il dubbio... mi auguro che tu non sia la stessa persona che da altrettanti mesi capiti sul Cinefilante in cerca di "Nonna segaiola", "Nonna che fa le pippe" e che tu non sia nemmeno quell'altro, che non riesce a passar nottata senza cercare forsennatamente una risposta ad una curiosità evidentemente insopprimibile: In Antichrist il cazzo di Defoe è vero?

Ecco io a volte sono in fila dal panettiere per comprare un paio di rosette, vedo accanto a me gente comune e sono certa che tra di loro si nascondono persone piene di domande che interrogano il web in cerca di risposte... e alcune capitano sul Cinefilante...
Come finisce il dubbio (per me) ve l'ho detto....
Per la nonna segaiola immagino che vi riferiate a Irina Palm, film delizioso e nient'affatto volgare...
Sul cazzo di Defoe non so che dire.. però sono certa che si possa sopravvivere anche senza conoscere la verità... ma voglio essere buona... appena incontro Willem glielo chiedo e vi faccio sapere...

giovedì 4 febbraio 2010

Soul Kitchen

  • Sabato 30 gennaio 2010, Cinema Giulio Cesare nel Viale omonimo, non si capisce quale antica maledizione gravi sul luogo... bar di uno squallore mai visto che ti fanno passare la voglia anche solo di prenere un caffè...
  • Quasi 40 minuti per trovare un parcheggio…
  • Sala 3.. sedili macchiati e strappati, tutto sporco… uno schifo... mi chiedo perché si debbano pagare 7 euri e 50 per stare seduti su dei sedili che sembra che qualcuno ci abbia cagato sopra...
  • Mi devo ricordare che non ci devo andare più, checcazzo!

Divertente, direi carino senza troppi eccessi di entusiasmo. Qualche anno fa Soul Kitchen sarebbe uscito in un paio di sale d’essai, avrebbe avuto nel suo pubblico uomini di mezza età che credono di restare giovani indossando pantaloni rossi e donne con lunghe collane etniche. Oggi Soul Kitchen scuote gli animi, scuote il gusto della platea che grida al miracolo. Vengo a scoprire che non è solo Avatar a creare l’allucinazione di massa…
La storia è caruccia, la forza del film (o meglio il suo successo) sta nella galleria di personaggi un po’ freak, nelle magliette sdrucite e i capelli spettinati, nel suo collocarsi in bilico tra una società integrata e opulenta e un’altra ai margini. Il nostro simpatico protagonista, un Jhonny Depp dei poveri, balzella infatti tra una fidanzata rompicoglioni e troia ma miliardaria e un fratello carcerato, le tasse da pagare, la mancanza dell’assicurazione sanitaria e la gestione di un ristorante fatiscente come i sedili del Cinema Giulio Cesare.
In molti (a causa dell’allucinazione) hanno detto che è un film sulla cucina e sui sapori…
Io onestamente comincio a pensare che sia necessario trovare un antidoto…
Di cucina e sapori c’è un accenno, del resto siamo in ristorante ma siamo ben lontani da atmosfere babettiane. Però oggi il cibo va di moda e quindi perché no… si usi anche per richiamare pubblico….
Detto ciò, il cuoco (che tra l’altro scompare senza una ragione precisa tradendo una delle tante sbavature della sceneggiatura) è il personaggio chiave, col suo integralismo gastronomico e la sua malcelata esasperazione nei confronti del cattivo gusto dilagante.
A voler ben guardare le risate di Soul Kitchen sono provocate da situazioni da “oggi le comiche”… la web cam che si stacca dal computer creando incidenti a catena, l’afrodisiaco che scioglie la gelida agente del fisco, la necessità di correre nonostante il mal di schiena… insomma una serie di pantomime riuscite che non vengono eguagliate né dai dialoghi né dalla sceneggiatura.
Fate quest’esercizio… portate il film nella provincia americana sostituite il protagonista con un faccione tipo Aron Eckart e via di seguito (abbiamo anche la contrapposizione tra biona e bruna, così cara alla tradizione delle veline), ebbene il film vi apparirà come un’americanata non degna nemmeno dell’uscita per il mercato video. Il lieto fine vi varà sospirare a denti stretti “che cazzata..” e dopo qualche giorno ve lo sarete bello che dimenticato.
Ebbene Soul Kitchen è solo più sporco, spettinato e con della musica pompata… è un film carino ma nulla di più.
Cercate di fare qualcosa per quel problemino dell’allucinazione perché sta diventando una cosa veramente inquietante…

Dopo il cinema una piacevola sosta presso lo Zen-0 di via Santamaura, 60 tel 0639750827, dove gustare tè prelibati ma soprattutto una cioccolata calda come dio comanda, fatta con il cioccolato Valhrona... una vera sciccheria! Ci sono anche proposte mangerecce interesanti e a pranzo business lunch. Se siete da quelle parti fateci un salto!

mercoledì 3 febbraio 2010

A single man

  • Martedì 2 febbraio 2010, cinema Quattro Fontane nella via omonima
  • saletta piccola

Avendo l’opportunità di scegliere una storia, scriverne la sceneggiatura, produrla e dirigerla Tom Ford si imbarca in questo personaggio tutto sommato un po’ noioso, quasi ossessivo nella sua maniacale metodicità. Un Colin Firth che sembra un Ewan MacGregor invecchiato e sbiadito..

La sequenza iniziale lascia sperare nel grande cinema, con immagini acquatiche che ricordano Vigo… poi tutto si allinea in un contesto eccessivamente fotografico. La cura dell’allestimento scenico è quasi invadente nella sua perfezione che travalica ogni realismo, la ricerca esasperata dell’eleganza finisce per dimenticare l’anima, se non quella venduta al diavolo della pubblicità… e si fa fatica a distinguere gli uomini del single man da quelli sui cartelloni di Calvin Klein o Dolce e Gabbana…

Innumerevoli ralenti, l’indugiare su partcolari di cachemire, le camice perfettamente bianche, il trucco delle donne senza una sbavatura.. alla fine diventa tutto un po’ frivolo e manierato, di un estetismo eccessivo… ma soprattutto ti aspetti che appaia la scritta a reclamizzare il profumo di turno...

Della necessità dei corpi, del sangue che pulsa, della forza che spinge l’essere umano ad essere se stesso contro tutto e tutti nessuna traccia… tutto sottaciuto.

Lo stilista pesca a piene mani in un mondo che ben conosce… l’eleganza, l’omosessualità, una certa cultura raffinata da cerchia ristretta… ci racconta una storia che già abbiamo visto tante volte aggiungendo di suo uno stile très chic.

Una piccola curiosità lo studente “confuso e felice” è l’ex bambino di About a boy…

Di fatto, comunque, un film sulla vita vissuta esclusivamente come attesa della morte che puntualmente arriva quando forse non la desideri più intensamente…

Per me l’unico momento di vera commozione c’è stato quando Colin Firth annusa un cane della stessa razza di quelli che ha perduto insieme al suo Amore…

Non si può dire che il film sia brutto ma è troppo freddo e immobile.. ditemi pure che sono blasfema ma dice tanto di più sulla condizione di solitudine e di costrizione all’occultamento dell’omosessuale il delizioso “Di giorno e di notte”…

Sans contrafaçon!


Abbinamento cinematografico di culto quindi con Pedale Douce, in italiano "Di giorno e di notte", con Patrick Timsit (immenso) e Fanny Ardant... un film che al mio attivo vanta molte più visioni del Rocky Horror... assolutmente da imparare a memoria e spacciare a tutti gli amici...