giovedì 27 maggio 2010

LOST

  • Lunedì 24 maggio 2010, La fine di Lost... a casa mia, sul divano... e invece no!
    Lasciate le luci accese della macchina, batteria scarica, cavetti introvabili... salvata in extremis quando ormai il buio, la fame, il sonno avevano preso possesso della sottoscritta...
  • Quindi 25 maggio 2010 la fine di Lost.. a casa mia, sul divano... finalmente!

Le sei stagioni di Lost hanno richiesto un atto di fede. Passato il primo entusiasmo per l’incipit più folgorante che si fosse mai visto nella storia della fiction le cose si erano ingarbugliate parecchio e molti spettatori si sono persi per strada…

Lost non ha fatto sconti e ha richiesto per sei anni la totale adesione a una storia che non si è mai dipanata in maniera lienare e che nelle ultime stagioni ha costretto lo spettatore ad uno sforzo mentale notevole… Vite parallele, destini incrociati e viaggi nel tempo si sono snocciolati con la stessa naturalezza con cui Brooke di Beautiful si è fatta progressivamente tutti i membri della famiglia Forrester.

Leggo sui vari blog (ma anche sui principali quotidiani) la delusione del pubblico, che in qualche modo pur accettando di guardare da ventenni la stessa soap in cui genitori e figli sono coetanei e i protagonisti muoiono e risorgono che nemmeno Gesù Cristo in persona, si fossilizzano su questioni come “cosa erano i numeri?” oppure “chi ha costruito la statua?”.

Lost, alla luce della sua conclusione, non va sondato in questi particolari perché non si muove in un territorio “reale” bensì in una dimensione ultraterrena dove non esiste il tempo e tutto si svolge contemporaneamente, un luogo/non luogo molto simile a ciò che possiamo immaginare come “infinito”.
Per qualche motivo “infinito” è un concetto che tendiamo ad associare alla grandezza, all’universo per esempio e quindi alla dimensione spaziale. L’infinito invece è qualcosa di applicabile ad ogni dimensione, conosciuta e sconosciuta e di certo anche al tempo, che limita le esitstenze dell’essere umano.
Per provare ad articolare la mia interpreatazione di Lost non parto dall’isola, da sempre metafora del non luogo e contemporaneamente di rifugio, riparo, salvezza… ma dall’incidente.
Un aereo si schianta… i superstiti sono tutti irrisolti, ognuno di loro ha un conto in sospeso con la propria esistenza e, in una sorta di sincronia junghiana, anche con i compagni.
Lost si svolge in terra di frontiera tra la vita e la morte, senza essere né l’una né l’altra… è il luogo dove l’anima deve prendere atto di aver concluso il suo ciclo vitale, dove impara e mette a frutto lo scopo per la quale si era incarnata, dove finisce il quadro per passare a quello successivo…
Lost, ovvero l’isola, ovvero una sorta di bardo del libro tibetano dei morti.
Le sei stagioni di Lost ci conducono lungo una strada lastricata di trabocchetti, fatti inspiegabili, fede e speranza in cui un gruppo di persone fanno delle scelte fondamentali legate alla visione del bene e del male. Ogni atto/azione comporta una conseguenza per il futuro, il proprio e quello degli altri. Ma esiste il futuro (o il passato) nel tempo infinito?
Ovviamente no… tutto si svolge contemporaneamente nella dimensione dell’anima… è la mente che ha bisogno di organizzare le cose, di poggiare i piedi per terra e di dare un costrutto ai fatti che non può e non sa spiegare…
Sussurri nella giungla inestricabile, guarigioni misteriose, seconde possibilità, numeri ricorrenti, guardiani del progetto Dharma (qui è evidente… nemmeno una metafora…), morti che appaiono come viventi… E il pubblico cosa vuole? Vuole una spiegazione… all luce del bel finale dove tutto ha assunto una precisa collocazione vuole sapere chi ha costruito la statua… Santa pazienza…

Chi non ha compreso Lost non troverà alcune soddisfazione da spiegazioni postume sui tanti particolari irrisolti.
“Perché il fumo nero non può passare le recinzioni magnetiche?”
Conoscere la risposta non cambierà di certo il giudizio sull’opera. Ma la cosa più divertente è che le persone per lo più vivono senza conoscere il perché delle cose e non se preoccupano minimamente nella vita di tutti i giorni…
Perché alcuni materiali sono radioattivi?
Perché il petrolio che troviamo in natura, una volta utilizzato come carburante produce emissioni nocive all’essere umano?
Cosa c’è veramente al centro della terra?
Perché possiamo prevedere un temporale ma non un terremoto?
Come cazzo hanno fatto a mettere in quel modo le pietre a Stonehenge o a costruire le piramidi?
Di questo mondo (e degli altri) non sappiamo praticamente una mazza e anche quando ci avviciniamo casualmente ad una risposta plausibile possiamo fare un’altra domanda e siamo da punto e da capo senza alcuna risposta.
Non ci vuole molto… basta chiedersi “Perché’” oppure “Tutto ciò sta avvenendo realmente?” per ritornare ad un dubbio primordiale ed esistenziale.
Gli sceneggiatori di Lost hanno i controcoglioni e non avrebbero avuto nessun problema a dare delle spiegazioni su ogni particolari ma tutto avrebbe perso ogni fascino…
In questo modo invece almeno a qualcuno è piaciuto… ma soprattutto qualcun altro magari avrà trovato ispirazione per iniziare un viaggio…
A David Lynch comunque sicuramente è piaciuto … ;-)

Bibliografia alla come mi viene e senza troppi dettagli, che se vi va... siete bravi tutti a copiare il testo e a metterlo su google:

Libri:
Tutto è uno, L'ipotesi della scienza olografica
di Michael Talbot

Dicibile e indicibile in meccanica quantistica
John S. Bell

Il libro Tibetano dei morti

Cinema
Mullholland drive - David Lynch

Ink - Jamin Winans

Franklyn - Gerald McMorrow

Donnie Darko - Richard Kelly

Lady in the Water - M. Night Shyamalan

L'albero della vita - Darren Aronofsky

Serie TV
Heroes

Quantum Leap

Doctor Who

Zaffiro e acciaio


martedì 18 maggio 2010

L'uomo nell'ombra

  • Lunedì 17 maggio, Cinema King di Via Fogliano in un pomeriggio piovoso...E anche Polansky ce lo siamo giocato!
L’uomo nell’ombra esteriormente è un cinema di altri tempi, in cui indubbiamente si ravvisa un mestiere che sembra essere ad appannaggio esclusivo dei grandi vecchi…. Ma dove la sostanza mancante è ben ravvisabile nella nostra epoca. Io ci vedo tutto il dramma dei nostri tempi… in cui sta venendo su una generazione di pubblico che si fa le seghe per un movimento di macchina circolare, che si eccita per un piano sequenza ungherese e che se non c’è una sparatoria di almeno un quarto d’ora, ovviamente al rallentatore, non gode. E infatti assistiamo a orde di recensioni rabbiose, di commenti astiosi su chi non condivide questa visione sessual cinematografica fatta di perversioni stereotipate da casalingua inquieta.
Dicevo… il riflesso dei tempi… insegnare/imporre ad un pubblico che si crede colto e (ben)pensante che il cinema, quello con la “C” maiuscola possa essere totalmente esautorato dalla carica eversiva che l’ha reso arte… o comunque, se non arte, opera potente, capace di ispirare, denunciare, far fremere l’animo.
Ho sempre pensato che il regista, quello vero, fosse un essere che occasionalmente viene a contatto con dimensioni altre e che potesse mostrarci squarci di realtà altrimenti velate… non nego l’aspetto di intrattenimento ma come in tutte le cose ci sono dei livelli o meglio dei gironi.
Polansky, regista discontinuo e a rischio, ha saputo regalarci grandi capolavori ma anche discrete puttanate… L’uomo nell’ombra non appartiene né al primo né al secondo gruppo.. siamo dalle parti del pattume, del bel cibo senza sapore.
L’uomo nell’ombra sembrava poteva essere un faro nella marea informe di filmacci senza né capo né coda che irrompono sui nostri schermi e invece no. Polansky cade nella tentazione di un voyeurismo snob ma convulso in cui i fatti si disgregano alla bene e meglio tanto che su tutte le incongruenze del film non mi ci spreco nemmeno un secondo…
La storia per me è stata prevedibile fin dal primo istante (sicuro lui farà una brutta fine mi sono detta…. La moglie di Lang è un bluff…).
Misteri, intrecci, tensioni e rivelazioni si alternano senza costrutto come se un bel panorama del mare d’inverno fosse sufficiente ad ammantare lo stile autoriale di una credibilità che invece dovrebbe confermarsi volta per volta. Tutto è molto sospeso e là dove il “mistero” sembra creare tensione io vedo solo un vuoto, una mancanza di idee.
Ma del resto se Ridley Scott ha scelto di fare l'ennesimo Robin Hood e ogni successo deve diventare necessariamente almeno un trilogia… cos’altro possiamo aspettarci?

Se proprio vogliamo vedere un bel film di Polansky andiamo a recuperare L'inquilino del terzo piano... siamo su un altro pianeta...

lunedì 10 maggio 2010

Cosa voglio di più

  • Domenica 9 maggio 2010 Cinema Savoy di Via Bergamo

Si è consumata domenica sera la visione dell’ultimo film di Soldini, dopo una merenda a base di tarte au fraises, crepes aux griottes e muffin al formaggio con pistacchio.
Sapete, non è un dettaglio da niente, perché per valutare un film al meglio bisogna che lo stomaco sia pieno.
Vengo a sapere (non sono un’esperta di Soldini) che il regista ha delle fasi altalenanti.
Pane e tulipani sì, Brucio nel vento no, Agata e la tempesta sì.
Mh… in che fase sarà ora?
Ebbene siamo in una fase con pretese autoriali da camera a mano, suono (fastidioso) in presa diretta, inquadrature di spalle e un montaggio tronco e abbastanza fastidioso, inframezzato da schermo nero.

La storia è presto detta, l’incontro di una donna e un uomo, entrambi impegnati, si evolve in una storia che non porterà da nessuna parte.

Un po’ Borotalco, un po’ Innamorarsi, un po’ Breve incontro, un po’ qualsiasi altro film che abbia trattato una delle questioni più abusate dagli sceneggiatori cinematografici: le corna.

Ovvero il fatto che la morale e la “società” ci obblighi ad una vetrina di monogamia quando sotto sotto l’uomo vorrebbe l’harem e la donna non disdegnerebbe di fare la maitresse in una casa di appuntamenti a Bangkok.

L’argomento è succoso, se è vero che le corna sono il passatempo preferito della maggior parte degli italiani, soprttutto da quelli che non te l'aspetteresti mai perché non sono il "tipo".
Un target bello consistente quindi!

Si ravana nei meandri di una socialità medio bassa, alle prese con la crisi economica e qui un bel “cheppalle” ci sta come il cacio sui maccheroni, prrché sono i personaggi ad essere tristi e squallidi e non è certo l’economia del paese a renderli così privi di interessi.
Non diversi dai personaggi di un qualsiasi “Natale a… “ dei Vanzini, ne rappresentano la parte più trista e noiosa, senza nemmeno l’ausilio di un Christian De sica che ci faccia un balletto vestito da donna o che inneggi un “malimortaccitua”,  con la mano a paletta e il gomito alzato.
Insomma… la Rotwailer, truccata come un panda e che al corso dizione sicuro l'hanno bocciata, incrocia Favino, si vedono e decidono di andare in un motel che per 4 ore costa 50 euri.
Il motel è tipo un bordello de quarta categoria, luci rosse e vasca idromassaggio.
In questo sfarzo scopano per circa 7 secondi.
La signorina Rottermeier penserà: “Ammazza che fregatura!”. E invece no!
Ecco insomma, questo mi sembra un fattore diseducativo… checcazzo.
Poi voglio dire, insistere a livello pubblicitario sul cotè erotico è abbastanza ridicolo.

Mi chiedono dall’estero: “Ma allora… i glutei di Favino?”
I glutei di Favino??? Per carità. bel culo… ma l’erotismo abita proprio da un’altra parte.
Non so, bisognerebbe fare dei corsi, mi sembra si sia deteriorato il concetto di erotismo.

Vabbè, poi tutta una serie di stereotipi che fanno abbastanza drizzare i capelli, dal pomeriggio della domenica a vedere la partita con il suocero coi bambini che fanno casino, all’incapacità di svincolarsi dai dettami imposti dal nucleo familiare che va preservato a scapito di qualsiasi realizzazione personale.
Conclusione con un viaggio in un posto che potrebbe essere Hammamet, su uno dei panorami più brutti mai visti.

In sala una signora mormora: Stupendoooooo!
La si vorrebbe “prendere per un’orecchia e dirgli” “Ah signo', ma che sta a scherza’ vero?”
Poi penso "ah ma questa fa parte del target",  te credo che glie piace sto panorama.
Cosa voglio di più, che cazzo di titolo. Si riesce a desiderare qualcosa meno di questo?

Sembrerebbe quasi che il regista voglia dirci che ci dobbiamo accontentare.
E di cosa? Del vivere nell’infelicità con l’unico coraggio di trascinarci a fondo anche la persona con cui in un determinato momento della vita abbiamo creduto che potesse alleviare il vuoto che noi stessi non siamo capaci di colmare?
A Soldi’… mo te lo dico io, come Christian De Sica…..
Concludendo, un film che la tira un po’ alle lunghe, magari con l’unico pregio di stimolare una discussione sui temi della coppia, della fedeltà, del tradimento ecc. ecc.
Fate un po’ voi….

Oggi non ciò voglia di cercare un abbinamento... oh... ogni tanto capita eh?!