martedì 16 giugno 2009

I love Radio Rock

  • Sabato 13 giugno 2009, Cinema Barberini nell'omonima piazza
È con grande dispiacere che mi accingo a recensire I love Radio Rock senza potermi esimere dal definirlo una delle più grandi puttanate degli ultimi anni.
Un film che viene spacciato per il manifesto di un’epoca e che non invece non è altro che una carrellata di gag tenute insieme da una regia fredda e posticcia. Un dispendio di energie inaccettabile… attori, scenografie, coreografie, costumi e soprattutto musica…
Tanti colori a contrasto, mescolati con cura maniacale, a confermare il cliché per il quale a metà degli anni Sessanta la donna doveva necessariamente indossare mutandine a fiori sgargianti che facevano capolino da vertiginose minigonne turchesi o arancioni ed avere costumi sessuali da rasentare le cronache di un bordello tailandese.
Il tutto è condito con ripetitivi siparietti di gruppi di persone facenti parte di ogni strato sociale che si agitano come ossessi, ascoltando la radio, per lo più saltando sui letti e ballando il twist (espediente identico a quello del pubblico che seguiva The Truman Show).
Tendenzialmente c’era materiale per il film del decennio invece tutto resta nella sfera delle possibilità perdute… I protagonisti sono una galleria interminabile di facce che sarebbero anche giuste ma che si avvicendano nel contesto corale stancamente senza nessun brio, nella più totale mancanza di alchimia.
I love radio rock è un film di una freddezza glaciale e non bastano i camei di lusso di Emma Thompson o il personaggio à la Monthy Pyton di Kenneth Brannagh… e purtroppo nemmeno la folgorante apparizione di Rhys Ifans riesce a risollevare le sorti di un film che affonda inesorabilmente nel nulla.
Poi mettiamoci il solito doppiaggio da pena corporale per il quale Bill Nighy parla come Alexander Petrosky in Sex and the city e abbiamo un film tra i più deludenti di sempre.
Lasciamo perdere poi gli anacronismi musicali… il film si svolge nel 1966 (glorioso anno che vide la mia nascita) e ci sono pezzi che sono anche di due o tre anni dopo. Cazzo… dico… se fai un film “musicale” minimo minimo questi errori sarebbero da evitare.
Un’altra pecca è che I love radio Rock non finisce mai… due ore e un quarto pesanti con la scena finale del naufragio interminabile, al rallentatore… che oltretutto toglie enfasi all’unica scena decente di tutto il film ovvero l’allagamento della nave con la perdita di tutti i preziosi vinili.
Durante l’allagamento poi in una sorta di sfida Jaques Maillol/Enzo Maiorca, il giovane ragazzo inconcludente e DJ Bob (suo padre a cui è partita la brocca) passano allegramente alcuni minuti sotto acqua per recuperare almeno un solo disco…
Questa per me è il vero tradimento del film.. far credere che chi ama veramente la musica potrebbe morire per salvare un supporto in vinile. La musica vive dentro di sé e non c’è bisogno di sacrificarsi per un pezzo di plastica…
Concetto tra l’altro esposto egregiamente in Farenheit 451 in cui, per chi non lo sapesse, in un futuro tristemente simile al nostro presente la lettura è bandita e perseguita e gruppi di ribelli imparano a memoria i testi affinché possano sopravvivere.
Ma di che sto parlando? Ah già vabbè… questo è Truffaut…

Abbinamento doveroso alla nostrana Radio Rock che dal 1984 allieta noi romani con musica splendida e al quale io sarò sempre grata per avermi fatto conoscere i Porcupine Tree oltre che tanta altra bella musica. Storica organizzatrice di eventi e scopritrice di talenti… a tutt’oggi resta una delle poche radio in cui una rockettara come me si sente a casa…
Frequenza 106,600 ma ormai si può ascoltare anche sul web….

lunedì 15 giugno 2009

Looking for Eric

  • Mercoledì 10 giugno 2009, Cinema Nuovo Sacher (ex Cinema Induno) in Largo Asciani, 1 tel. 065818116
  • Sempre per la rassegna Cannes a Roma, in lingua originale con sottotitoli
  • Nanni Moretti era presente a ricevere il pubblico... très chic...
Un Ken Loach lieve e ridanciano per una commedia piacevole e puntellata di speranza.
Un uomo sull'orlo della crisi di nervi trova la forza di reagire ad una vita che se ne sta fuggendo troppo in fretta grazie al suo idolo calcistico Eric Cantona. I suggerimenti del pittoresco calciatore (che da anni ha il vezzo del mondo del cinema) lo rimetteranno in sesto e lo renderanno il salvatore della famiglia allargata di cui è a capo.
L'inedito tocco surreale che vede la personificazione del salvatore del protagonista nelle vesti di Cantona, che si presta con ironia alla vicenda di cui è anche produttore, funziona e diverte.
Un film figlio dei nostri tempi in cui sembra volersi affermare la fine del nucleo familiare classico a favore di valori affettivi che si estendono all'ambiente lavorativo, alle amicizie del pub e soprattutto alla fede del calcio.
In un'epoca dove sono venute a cadere tante ideologie Loach immortala quello che Antonello Venditti cantava già svariati anni fa (secondo me riferendosi alla Magggica e non alla città eterna)... dimmi chi è che me fa sentì 'mportante anche se nun conto niente...
Esseri umani allo sbaraglio che trovano uno spiraglio di vitalità nell'appartenenza ad una squadra piuttsto che ad un'altra... cosa che per me resta un mistero ben più oscuro di quelli di Fatima.
Ma insomma a parte questa triste presa di coscienza personale... il film è carino e i personaggi sono tutti uno spasso. Il calcio poi tutto sommato è marginale e forse il pregio è che viene inquadrato come metafora della vita, con il lavoro di squadra dove ognuno deve fare la sua parte per raggiungere un obiettivo... tra imprevisti, casualità, incontri, scontri ecc. ecc.
Non credo di sbagliarmi nel dire che piacerà a molti per la sua leggerezza mai superficiale e per quel disincanto tutto anglosassone di cui il cinema italiano difetta in maniera invalidante.

Ovviamente io non avevo idea di chi fosse Erica Cantona... la mia cultura calcistica si ferma a quando mio fratello faceva l'album con le figurine e c'era Falcao. Però mi sono fatta un saco di risate a vedere il video con cui da un bel calcio ad un tifoso che gli ha detto una parola di troppo...


Abbinamento facilissimo alla piccola libreria di cinema annessa al Nuovo Sacher dove è possibile trovare una bella selezione di titoli sia per quanto riguarda i libri che i DVD... qualche tavolino e anche un piccolo bar dove in onore ai risaputi gusti mangerecci morettiani nella stagione più fredda si trova anche la Sachertorte.

giovedì 11 giugno 2009

Un prophete

  • Martedì 9 giugno 2009, Cinema Adriano a Piazza Cavour, nell'ambito della rassegna "Cannes a Roma"
Piccolo antefatto... dopo circa un'ora e mezza di rompe la macchina dei sottotitoli, il film viene interrotto e in sala parte la chiacchiera libera.
Dietro di noi sento conversazioni del tipo (che meraviglia origliare al cinema...):
Lui - "Ma chi è che non gli farebbe una pippa a Berlusconi?"
Lei - "Bè io non gliela farei..."
Lui scuote la testa.. è convinto del contrario.
Le stesse persone dopo un quarto d'ora di attesa a sala accesa confabulano:
"Ma che riprendessero il film! Vediamolo in francese! E sticazzi per quelli che non sanno il francese... peggio per loro..."
Accanto a me: "Voglio vedere se facevano lo stesso discorso se il film era in magrebino.."
Poi finalmente l'addetto alla macchina dei sottotitoli riesce a districarsi nel guasto e la tipa lo apostrofa: "Hai dei problemi a ritrovare il punto esatto per sincronizzare? Se vuoi ti do una mano IO SO IL FRANCESE!"
-"No grazie c'è un database... non è necessario..."
Per fortuna riinizia il film... e il silenzio scende in sala.
Che pazienza!
Arriviamo all’Adriano pensando che al cinema saremo i soliti quattro gatti, invece la sala 4 (quella con i sedili sbracabili) è bella piena. Tra il pubblico Nanni Moretti, Valentina Cervi, Andrea Occhipinti, molti addetti ai lavori e un’aria molto radical-chic.
Un prophet non indugia… l’impatto è immediato, è un film potente, che non fa sconti, tutto corpi e sostanza.
Il film proietta lo spettatore in universo fatto di personaggi che avresti paura a incontrarli per strada, governati da regole sovvertite su cui vige solo la legge del più forte, in uno scenario di violenza ed emarginazione al di fuori del bene e del male.
Protagonista assoluto un giovane francese, Tahar Rahim (classe 1981), con la faccia giusta e la capacità dar vita ad un’evoluzione del personaggio che non si dimentica, perfetto sia nello spaesamento iniziale sia nella sua scalata al potere malavitoso.
La parabola è intrigante e si segue con passione, si fa il tifo per il ragazzo e alla fine quando diventa un boss intoccabile invece di augurargli di finire in una cella per il resto della vita si esce dal cinema felici e contenti! Sto ragazzo nonostante sia diventato un assassino e capo di un importante traffico di droga ci sta simpatico e quindi gioiamo per lui! Bella sta capacità del Cinema (quello con la “C” maiuscola però…) di andare oltre la morale comune e di farci vedere le cose da un differente punto di vista…
Le prophete se ne dura una piao d’ore e mezza in cui si parlano tre diverse lingue, francese, corso e arabo… sebbene non sia facile da seguire (nonostante i sottotitoli) la versione originale, l’aspetto multilingue (e multietnico) è parte integrante del film aggiungendo una marcia in più ai dialoghi e alle situazioni.
Interessanti i personaggi, le dinamiche relazionali e la moltitudine di sottotracce che emergono dal profeta. Di fatto ci troviamo di fronte ad un microcosmo carcerario, ritratto di una Francia crogiuolo di razze ben lontane dall’integrazione e alla ricerca di un profeta che sia di ispirazione per una convivenza e un futuro migliore. Si tratta però di un profeta biblico, implacabile nel suo incedere ma pronto suo malgrado ad assumersi la responsabilità delle sue azioni nel diventare la guida di svariati ceppi di malviventi.
Al di là della storia che è bella densa pur senza essere particolarmente particolareggiata quello che rende Il profeta un ottimo film è una regia di gran talento che non si compiace, che non è ridondante e che non segue gli stereotipi post-tarantiniami, derive videoclippare o vorticismi stilistici alla Guy Ritchie. C’è una vera e propria identità nella messa in scena che trasuda da ogni inquadratura, che scava le scene prima ancora che i volti e che non necessita di nient’altro che dei personaggi stessi. Nessuna concessione all’ambientazione, nessuno svolazzo compiacente e addirittura la selta precisa della quasi totale mancanza dell’elemento femminile. Nessun volto noto se si eccettua un Niels Arestrup in un ruolo chiave di grande spessore.
Che ci vogliamo fare… ci dobbiamo rassegnare… se il profeta lo giravano in Italia come minimo ci mettono Roul Bova e trovavano pure il modo di far fare un cammeo a Nancy Brilli o Sabrina Ferilli… meno male che c’è il cinema francese…

Abbinamento con una delle mie sale da tè preferite... Sciam, in Via del Pellegrino 56 (Centro - Campo de’ Fiori) tel. 06 68308957... Sciam è lo splendido locale aperto accanto al negozio di tappeti e vetri siriani, si può fumare il narghilè, bere del buon tè in splendidi bicchieri di vertro gustando dolcetti tipici mediorentali... Andate e non ve ne pentirete!

lunedì 8 giugno 2009

L'amore nascosto

  • Domenica 7 giugno 2009, Cinema Mignon di Via Velletri
  • Non trovo nemmeno la locandina e direi.. chissenefrega...
  • Non perdo tempo nemmeno a scansire il biglietto...

L’amore nascosto è uno dei film più brutti degli ultimi vent’anni, è un insulto gridato in faccia al cinefilo e a chiunque ancora dia fiducia al cinema in sala, spendendo 7 euri e 50.
In una domenica pomeriggio al Mignon la sala è gremita, sono in parecchi ad essere caduti nella trappola del film francese con Isabelle Huppert…
L’inizio didascalico ci proietta senza indugio nella realtà malata di una donna completamente anaffettiva che vive con pesanti sensi di colpa perché non ama la figlia e per questo tenta svariate volte il suicidio (senza mai riuscirci… poveri noi). Lo svolgimento del film, senza né capo né coda, ci presenta quello che dovrebbe essere un percorso psicoanalitico con una terapeuta che ha il volto di Greta Scacchi.
Ci sarebbe potuto essere il gioco al massacro, il doppio gioco, il gioco e basta… invece il nulla.. scene allungate all’inverosimile, nessun senso nel montaggio, dialoghi troncati a metà… Non siamo nemmeno dalle parti della pippa mentale… qui c’è solo uno sfacelo ma soprattutto una evidente presa per il culo nei confronti dello spettatore pagante.
Dicono che la Huppert scelga solo copioni che le piacciono, che sia molto esigente… ecc. ecc… bè evidentemente è il caso di prendersi una pausa o di farsi consigliare da qualcuno che abbia un po’ più di gusto.
Che brutto film.. che brutto film… non so cosa altro dire… se non: che brutto film.
L’ennessima rappresentazione acritica della malattia mentale che non fa nemmeno l afatica di arrivare alla radice del male… solo la “fotografia” intrisa di simbolismi da due soldi di una donna che sarebbe da prendere a schiaffi.
Alcuni momenti sono veramente imbarazzanti nel loro essere buttati lì senza un filo logico.. come quando la terapeuta invita la paziente ad uscire per mostrarle un film che deve assolutamente vedere.
Le due donne in un cinema vuoto… alcune macchie verdi sullo schermo… e poi il tragitto per il ritorno nella clinica. Non sarà dato sapere….
In un altro momento appare un viso di donna… per un secondo… ma che per caso vogliamo scomodare Bergman? No eh?!
Infine la Huppert scappa dalla clinica e in microsecondo si rimorchia un bel giovanotto e ci va a letto… La sua prima preoccupazione non sono i condilomi, la sifilide o l’Aids bensì il fatto che con i suoi 55 anni suonati potrebbe essere restata incinta. Ma subito viene rassicurata.. il giovane le dice: non ti preoccupare.. sono sterile…
Poi sta figlia che sembra essere la sua spina nel fianco muore improvvisamente… e Isabella abbraccia il suo corpo nudo… diventerà nonna modello e si occuperà della nipotina rimasta orfana... praticamente la terapia gli ha fatto un baffo… è la morte della figlia che non sopportava a rimetterla in sesto.
La storia di per sé biascicata e pretestuosa è nulla in confronto alla pretenziosità di una messa in scena che è un vero e proprio manuale di ciò che un regista non dovrebbe mai fare.
Ci si chiede il perché di una tale operazione ma soprattutto per quale motivo si debbano realizzare film così brutti… questo resta veramente un mistero…
Uscendo dalla sala mi azzardo a chiedere al tipo che strappa i biglietti: non è che per caso è possibile riavere indietro i soldi del biglietto?
Il tipo allarga le braccia fa spallucce e risponde: se fosse possibile….
Lasciando intendere: se fosse possibile ne avrebbe tutto il diritto!

Mi rifiuto perfino di farci un abbinamento, eccheccazo! A tutto c’è un limite…

sabato 6 giugno 2009

Terminator salvation

  • Venerdì 5 giugno, Cinema Europa in Corso d'italia, pochissime persone in sala..

Che cosa stupefacente il cinema… capace di far apparire Schwarzenegger in Terminator Salvation quando lui non ci pensato minimamente a prendere parte all’operazione… La tanto discussa apparizione dell’attore simbolo della serie è in realtà una bufala computerizzata… eppure tutti a dire “l’unico brivido è la’apparizione di Schwarzenegger”…
E questa affermazione contiene ben due stronzate.. la prima è appunto che si sia Schwarz in persona a prestarsi al cameo che da lustro e continuità alla saga, la seconda è che sia l’unico brivido. Terminator Salvation è un buon film e ha la capacità di creare una liaison con i precedenti pur con un’identità definita e prorompente.
Il merito va tutto ad una regia concitata che non si esaurisce nell’azione spuria ma che sta con il fiato sul collo ad una serie di scene d’azione, usando la velocità supersonica e l’esplosione non per autocompiacersi ma per raccontare una realtà agghiacciante fatta di guerra continua. .
Il primo impatto è con delle macchine che sono veramente invincibili, sembra non esserci spazio per Il lieto fine per l’essere umano… e questa sorta di fine della della speranza crea uno sconforto profondo. Le scenografie e l’ambientazione sono ridotte all’osso… rovine, polvere, detriti nell’esasperazione della visione dell’esercito delle 12 scimmie e di Mad Max… e direi anche di uno scenario simile a quello della resistenza matrixiana.
E in effetti Salvatione e Matrix hanno parecchio in comune… Sia Neo che John Connors sono profetizzati ed entrambi sono chiamati a salvare un mondo distrutto e dominato dalle macchine/tecnologia… Solo che in Matrix le macchine, che sono più furbette, hanno creato una realtà virtuale in cui gli esseri umani vivono inconsapevolmente.
Come dire che Matrix potrebbe essere il seguito di Terminator in un universo dove ciematograficamente non c’è stato un lieto fine. Ma c’è ancora un po’ di strada da fare… almeno un altro paio di film a quanto pare, nel più “puro” stile della doppia trilogia, inaugurato con Star Wars.
Salvation comunque si pone a se stante senza troppi ossequi verso i suoi precedessori, ribalta il format e scardina alcuni dei punti chiavi ricorrenti della serie… il rapporto tra il terminator cacciatore e i suoi obiettivi da annienatre è totalmente scomparso lasciando spazio ad un altro tipo di psicologia… quella di un’umanità quasi annientata che cerca di sopravvivere ad un nemico che lei stessa ha creato.
Vabbè… il film si può godere tranquillamente ovviamente con un po’ di gusto in più se si ha familiarità con i predeccessori (o successori) e anche con i paradossi dei viaggi nel tempo… argomento di cui potrei parlar per ore senza un vero perché…
Peccato per la scelta del cast che proprio non mi è piaciuta se non per Michael Ironside in una parte a lui consona… Christian Bale invece non è nelle mie corde, non mi piace, ha sempre la faccia incazzata in qualunque film fa… Tutti a dire che è tanto bravo… ma io questa bravura la devo ancora vedere… per il momento io vedo solo una faccia incazzata e muscoli pompati.
…Che brutti gli uomini che si pompano i muscoli… che poi insistono sulle spalle e i bicipiti e magari hanno la gambetta fina fina, senza culo…
Più interessante Sam Worthington (che vedremo nell’attesissimo Avatar di Cameron), una sorta di giovane Banderas ben piazzato e con una parte che gli consente un minimo in più di espressività.
Passando alle donne Melena Bonham Carter c’entra come i cavoli a merenda, la figlia di Ron Howard peggio mi sento… è salvabile solo Moon Bloodgood, una sangue misto orientale che più volte è stata inserita nella classifica delle 100 donne più belle del mondo. Chissà se la rivedremo ancora oppure sarà solo un fuoco di paglia.
Il Cinefilante dunque sentenzia che di tutte queste insopportabili operazioni commerciali tra prequel, sequel, spin off, sto caz, ecc. ecc. Salvation brilla come un diamante tra le pietre di un deserto della creatività.
E nel frattempo si attende una nuova rivelazione, un nuovo profeta… il “film” dei primi 10 anni del nuovo millennio… we stay tuned!

Oggi vi voglio stupire con un abbinamento raffinatissimo nel campo degli acquisti… decisamente non c’entra una mazza con Salvation… ma voglio dire, l’unico abbinamento possibile con un tale film sarebbe un negozio di computer o di elettrodomestici e francamente sticazzi no?
Allora ribalto anch’io la tradizione e vi parlo della Lampe Berger, un oggetto bello e utile da avere in casa e da regalare agli amici che hanno già tutto. Una lampada ad olio con essenze profumate che renderà ambiente piacevolmente attraversato da effluvi di fiori e frutta. A roma la trovate presso Contini, in Via Appia Nuova, 169 tel. 067016793

mercoledì 3 giugno 2009

Lezioni d'amore

  • Martedì 2 giugno, Cinema Eden di Via Cola di Rienzo, di pomeriggio...
A Ben Kingsley una chance gliela si da sempre volentieri, sebbene sia un gigione micidiale. Ben Kingsley è fico, ha un certo fascino sebbene non sia né giovane né aitante ma soprattutto ha uno sguardo capace di farti fa la risonanza magnetica...
Per vedere Ben ho dovuto sorvolare che nel film ci fosse anche Penelope Cruz che per me, attorialmente parlando, è sciapina forte. Qui oltretutto la elevano a donna dal fascino misterioso e irresistibile, addirittura quasi un'incarnazione della Maya di Goya.
E vabbè del resto il cinema... è cinema… ma qui non c’è alcuna capacità di trasformare magicamente la favorita di Almodovar in una donna conturbante... e quando ben Kingsley perde la testa per lei ce ne dobbiamo fare una ragione....
La prima parte del film scorre piuttosto bene, infarcita di citazioni letterarie, teatrali e cinematografiche che tanto piacciono ad un certo pubblico di cui io evidentemente e tristemente faccio parte... una "nicchia" studiata a tavolino... un tipo di film concepito appositamente per chi storce il naso pensando al prossimo "Natale a..." o non conosca uno per uno i tronisti della De Filippi...
Ebbene faremmo meglio a capire che ci prendono per il culo pure a noi solo che probabilmente nel farlo si divertono molto di più...
Dunque... tutta una serie di situazioni, frasi, inquadrature molto gnè gnè e un abuso del sentenziare sui rapporti umani e sulle relazioni tra uomo e donna.
Inoltre la sottolineatura sempre a rischio didascalia della ridondante voce fuori campo di Kingsley leggermente autoadulante, sempre pronto a dire la sua.
Già verso la metà del film, che dura almeno una mezz'ora in più di quel che dovrebbe, ci si inizia a rompere un po’ le palle…. Il ritmo arranca e la storia non mantiene quel che prometteva, rigirandosi su se stessa e la noia fa capolino, con una faccetta che sembra voler dire "la prossima volta che ti azzardi a dir male dei Vanzina... che loro almeno sono onesti.. non ti illudono...".
E mentre cominciamo a recitare dei mantra di nessuna efficacia per far passare il tempo più velocemente al fine di sottrarsi a questa sfrantegatura veniamo bersagliati senza alcuna pietà con ambientazioni colte e raffinate... ovvero con una stereotipata accozzaglia di fregnacce.
Bè lo sapete che non vado per il sottile... però francamente si parte da una commedia raffinata, per poi passare al film d’amore… attraverso conflitti generazionali, la questione delle corna e della fedeltà, la vecchiaia che avanza, lo smielato cucci cucci di Ben e Penelope, l’abbandono, la sofferenza, l’incapacità di reagire, la depresione, la morte degli amici… e ouf… mica abbiamo finito eh?!… puntuale come un testimone di Geova che ti citofona la domenica mattina dopo un sabato di bagordi… arriva pure la malattia! E vai! Ci abbiamo messo tutto!
Bè cose così o sono capolavori o fregnacce… temo che Lezioni d’amore sia dalle parti della fregnaccia… e lo dico con dispiacere e rammarico perché il film poteva essere una delizia.
Certo si tratta di un libro di Philip Roth quindi bisognerebbe prendersela con lui…. ma bastava gettare gli ultimi capitoli e farne qualcosa di completamente diverso. Del resto il cinema potrebbe e dovrebbe prendersi certe libertà… se non concediamo almeno al cinema la possibilità di creare storie meravigliose allora che senso ha?
Vabbè evitate pure questo film a meno che non siate fan come me di Ben Kingsley oppure di Penelope Cruz (che tra l’altro qui mostra le tette e so per certo che per qualcuno è motivo di grande appeal)… altrimenti aspettate una noiosa sera di autunno e affittatelo da Blockbuster…

Come consolarsi da una visione così tediosa? Giusto un po' di shopping in un negozio veraente carino Il Campanile in Via Bevagna, 15/A tel 0633221048 giusto sulla collina Fleming, dove potrete trovare un'infinità di oggetti prevalente balinesi ma anche provenienti da altre parti del mondo. Una scelta di bigiotteria particolare e a prezzi interessanti... mobili, abbigliamento, borse... insomma veramente un po' di tutto. E anche se siamo decisamente fuori stagione da tenere presente per il Natale che arriva sempre troppo a sorpresa!

lunedì 1 giugno 2009

Uomini che odiano le donne

  • 29 maggio 2009 presso il Multisala Astra, sperduto nella zona industriale di Avezzano... un po' difficile trovarlo ma di grande soddisfazione per la quantità di sale!


Ma che bello andare a vedere un film a scatola chiusa.. senza saperne nulla.. e godersi un bello spettacolo!
Temevo un’operazione simile a Angeli e demoni, best seller anch’esso ma da cui è stato ricavato un film di merda e invece, finalmente, un bel filmone come da tanto tempo non se ne vedevano sullo schermo.
Grande goduria quindi per un cinema che non necessita della star più pagata o chiacchierata per attirare il pubblico e nemmeno di strilli come “il film più costoso della storia”.
Uomini che odiano le donne è corposo e anche tentacolare nell’abbracciare diversi personaggi e contesti… si dipana con una certa grazia raccontando storie nella storia senza che si faccia confusione, creando interesse e suspance anche solo attraverso una fotografia.
Merito del romanzo scandinavo? Di una regia coi controcojoni che non si perde in derive da videoclip?
Una volta tanto a queste domande non cerco nemmeno di dare una risposta…. Quando c’è un bel film, cosa che orai capita un po’ troppo raramente, si preferisce non perdere tempo in un’analisi che svilirebbe uno degli scopi sacrosanti della settima arte, ovvero uno svago eccellente condito di emozioni, immedesimazione, curiosità e alla fine anche una bella soddisfazione!
Di fatto comunque il punto forte del film, che comunque ha una sceneggiatura evidentemente solida, sono i personaggi su cui svetta Noomi Rapace (nella parte di Lisebeth), una tank girl che ha tutti i numeri per diventare un personaggio cult!
Per il resto aspettiamo il resto della trilogia… perché ahimè… anche qui di trilogia si tratta.
Al dramma della trilogia non sfugge nemmeno il cinema scandinavo ma almeno riescono a fare dei bei film!
Insomma vi suggerisco di andare a vederlo senza indugio prima che qualche avido produttore americano ne faccia un remake al volo con Robert De Niro nella parte del protagonista maschile, Kristen Stewart nella parte della tormentata protagonista femminile ma soprattutto con Gene Hackman e Robert Duvall nella parte dei due grandi vecchi (entrambi potrebbero poi essere ovviamente candidati all’oscar come miglior attore non protagonista…)...

Visto che mi trovavo a Tagliacozzo quando ho visto questo film vi segnalo un bar che c’è praticamente da sempre in cui fanno una discreta pasticceria, un ottimo caffè (con la macchinetta a pressione come nei bar di Napoli) e pure un aperitivo interessante oltre che i tramezzini con il pain brioche invece che con il pain carrè. Che ci volete fare.. sono un po’ fissata… Si chiama Bar pasticceria Olimpia in Via Camillo Corradini, 127/129 ad Avezzano (AQ) tel. 0863 413800

Vincere

  • Visto anche questo a Tarquinia... al multisala Etrusco... Biglietto scomparso...! ma pagati solo 2,5 euri per non so quale iniziativa della regione!

Faccio parte di quella categoria di persone che si è un po’ rotta le palle a sentir sempre parlare del fascismo e di Berlusconi e lo scoprire che alcuni critici parlano di Vincere come del film definitivo su Berlusconi mi rompe le palle doppiamente oltre che a farmi rizzare i capelli sulla testa.
Vincere è il prodotto di un regista inequivocabilmente di gran talento ma che a mio parere sceglie delle storie che non ci dicono granché di nuovo.
Bravo Filippo Timi ancor più nella parte del figlio che imita il padre/duce piuttosto che nella parte del duce stesso....
Brava la Mezzogiorno che dopo una prima parte del film in cui è solo sbattiti di ciglia, sospire e sguardi languidi tira fuori un carattere insospettato.
Insomma tutti bravi… però dire che Vincere rimarrà nel mio cuore o nella mia testa come un film da non dimenticare…. Bè questo proprio no.
Vincere non aggiunge nulla (e nemmeno toglie) alla controversa figura di Benito Mussolini.
La sua psicologia resta in superficie e forse questa per me è la pecca principale del film… che poi ci siano immagini bellissime, una fotografia “importante” che caratterizza il film in maniera permeante e il celebre “montaggio futurista” (complimenti a chi ha avuto l’idea di definire così le poche scene leggermente accelerate… in modo da poter assurgere al pregevole binomio cinema & arte) per me non basta a farne né un bel film né tantomeno un capolavoro.
Di fatto un film in cui ognuno potrà vedere quello che vuole allo stesso modo di una macchia d’acqua su una roccia… chi ipotizza che ci sia una sorgente e chi ci vede il volto della madonna…
Un cinema di qualità che si incarta su sé stesso, molta forma e poca sostanza ma principalmente la mancanza di generare un’idea alla base del tutto che non sia l’ormai iper sfruttato fascismo che però va sempre di moda. Un cinema in cui la creatività e la necessità di esprimere un idea abdica al tecnicismo e alla sensibilità per la bella inquadratura… pura maniera.
Va sottolineato il doppiaggio (o presa diretta o quel che sia) piuttosto sconclusionato e l’acustica in generale improvvisata… oltre che il mai troppo consigliato corso di dizione ai nostri attori italiani…
Dunque che dire.. a molti piacerà e ad altrettanti non piacerà… poi vi dico che a me non ha fatto né caldo né freddo e che è stato come bere un bicchiere d’acqua a temperatura ambiente in un giorno in cui non fa caldo. Ne consegue un “fate un po’ voi…”.

Abbinamento mangereccio con la pizza di Mastro Titta a Civitavecchia... tanti gusti a scelta che vi vengono serviti su un tagliere di legno già tagiati a pezzetti... nella doppia sede di Via Duca d'Aosta, 2 tel 0766 581826 e in Via Tarquinia 1 tel 0766 35334. Aperto fino a tardi, perfetto per uno spuntino dopo il cinema a Tarquinia!